A pranzo con l’ex
Domenica c’è un lunch match dal peso incalcolabile con il Toro guidato da Ivan Juric Tutto sta tra passato, presente e un castello di destini che si intrecciano. Il tecnico che ha forgiato l’Hellas delle meraviglie torna nella partita forse più decisiva
Caro amico ti sfido. Il secondo ritorno di Ivan Juric al Bentegodi è scritto nel destino. Quello che vuole che sia lui, alla guida del Torino, a segnare il tempo delle speranze del Verona. Che è risalito prodigiosamente in classifica, è ora quartultimo, 3 punti sopra allo Spezia, e che così sarebbe salvo.
Ma di partite ne mancano quattro e tutto è in gioco. L’Hellas comincia dalla sfida alla squadra di Juric, quella per cui salutò il Verona, a cui era legato da altri due anni di contratto. C’erano progetti e idee nuove che l’avevano spinto al Toro, dopo mesi di incomprensioni con Maurizio Setti e l’Hellas dovette rinunciare all’allenatore che l’aveva costruito. Tony D’Amico, il direttore sportivo con cui Juric era entrato in simbiosi, tentò di convincerlo a restare. Un ultimo aperitivo, un giorno di fine di maggio del 2021, in Piazza Erbe, e la storia si chiuse. Poche sere prima, il biglietto di uscita era stato al Diego Armando Maradona, il Napoli che perse la qualificazione alla Champions, fermato sull’1-1 e Juric che si scatenò in una sfuriata divenuta proverbiale, quando gli chiesero della tenacia mostrata in campo dai suoi, già salvi da mesi. Ma con Ivan non molla nessuno. Il Verona, e Verona, gli è rimasto dentro. Ci arrivò dopo tre stagioni e altrettanti esoneri al Genoa. Doveva riprendere un filo che si era spezzato e l’Hellas gli calzò subito addosso. Con Verona, un grande amore reciproco. Juric, l’uomo di Spalato, con quel gioco da «tigri di Mompracem», sempre all’assalto, mai un passo indietro. Non fosse stato per la pandemia che ha sconvolto il mondo, chissà dove sarebbe arrivato l’Hellas nel 2020. Quando il campionato venne sospeso, per riprendere dopo più di tre mesi di blocco, in estate, il Verona era la grande sorpresa, in piena corsa per un piazzamento in Europa.
Intanto, il rapporto tra Juric e la città si era fatto forte. Un uomo di grande intelligenza, dalla personalità spiccata, dagli interessi estesi (la musica metal, la lettura, il basket), dalla profonda passione, si sentì capito dai veronesi, ne adorò la fede totale nella squadra. «Dopo due partite c’erano già ventimila persone allo stadio», ha ricordato qualche tempo fa. E di più, probabilmente, ce ne saranno domenica, al Bentegodi, dove Juric ha vinto con il Torino, un anno fa: 1-0, gol di Brekalo. Era la penultima giornata e la partita non valeva granché ai fini della classifica, non c’è paragone con la prossima. La salvezza è un miracolo in cui credere per l’Hellas. Battere il Toro vorrebbe dire fare un balzo determinante verso un’impresa incredibile. Ma sarà durissima, perché il Torino è ambizioso, punta a salire in alto e a sigillare una stagione in cui l’impronta di Juric l’ha portato a migliorare ulteriormente. I tifosi del Verona non accettarono l’addio, si sentirono traditi quando Juric andò via. Ma tutti sapevano e sanno che senza di lui non ci sarebbe stato l’Hellas che per un triennio (con lui e, dopo la parentesi con Eusebio Di Francesco, con Igor Tudor, che di Ivan è concittadino e amico) ha incantato. Davvero ci deve essere uno sceneggiatore nascosto, un ghost writer, per una partita come questa. Tutto in gioco: passato, presente, futuro che si incrociano, come se ci fosse un Sofocle del pallone a disegnare l’ordito. Al Toro, Juric ha chiesto e ottenuto Ivan Ilic, che aveva iniziato a forgiare a Verona. E avrebbe voluto anche Isak Hien.
All’Hellas ci sono tanti dei suoi ragazzi: Darko Lazovic, Miguel Veloso, Davide Faraoni, Pawel Dawidowicz, Alessandro Berardi. Quel gruppo di ferro è nato con Juric. E ora prova a sconfiggerlo per avvicinare un’epica salvezza.
Due stagioni con Ivan Il primo anno resta forse insuperabile, ma arrivò la pandemia a bloccare il campionato tre mesi