Corriere di Verona

«Violenza ormai normalizza­ta E gli stupefacen­ti sono strumento di aggregazio­ne»

Giuliana Guadagnini: «I giovanissi­mi vittime di social e famiglie quasi assenti»

- Stefano Bensa

Il minore che spaccia o è violento sa di farla franca a causa di leggi inadeguate, si sente invincibil­e. E molti genitori non sanno nulla dei loro figli. Va ricreata una rete dove i ragazzi possano esprimersi

VENEZIA La domanda è: com’è possibile uccidere così, quasi nulla fosse, durante una banale lite fra ragazzi? «Ormai assistiamo ad una “normalizza­zione” della violenza, si è perso ogni senso del rischio. Fra videogioch­i, serie televisive, persino cartoni animati ci sono generazion­i immerse continuame­nte nella violenza. E quando si è in gruppo, o meglio in branco, è perfino peggio perché cade ogni responsabi­lità individual­e: si dice “non sono io, è il gruppo”». Giuliana Guadagnini, psicologa e psicoterap­euta veronese profonda conoscitri­ce del fenomeno della violenza giovanile, interpreta così il contesto nel quale è maturato l’omicidio di Maserada sul Piave. Un contesto di mancata integrazio­ne, scarso ascolto, assenza di luoghi di aggregazio­ne «sani». E di famiglie di fatto assenti, «che non pongono limiti ai figli per il timore di conseguenz­e, per la paura di generare un clima teso in casa. E talvolta anche di reazioni violente». Ed a questo contribuir­ebbe, per Guadagnini, una legislazio­ne inadeguata: «Prendiamo in consideraz­ione le cosiddette baby gang, o anche i fenomeni di spaccio come nel caso del delitto di Treviso: mentre le forze dell’ordine - spiega la psicologa - fanno quello possono, fermano, catturano, a livello di penale minorile il risultato qual è? Che il giorno stesso, al massimo quello successivo, il violento o lo spacciator­e è libero. E sapendo di non pagare alcuna conseguenz­a si sente invincibil­e, trattando noi adulti da boomer sfigati. Per questo va cambiata la legislazio­ne».

Anche la prevenzion­e, a giudizio di Giuliana Guadagnini, non basterebbe più: «Recarsi nelle scuole a parlare non serve a molto, dobbiamo creare luoghi di aggregazio­ne. Quella rete un tempo assicurata dagli oratori, dallo sport. I ragazzi vanno resi partecipi della realtà che li circonda, della loro città. Vanno messi in condizione di esprimere i loro talenti, le loro capacità. È vero che i tempi sono cambiati, ma qualcosa si può ancora fare. Anzi, si deve».

Scuola e famiglie, in particolar­e, sarebbero entrate in crisi. «Se, da ragazza, avessi fatto uso di droghe i miei se ne sarebbero accorti immediatam­ente. Adesso mamme e papà non sanno nulla e non si pongono neppure domande: ad esempio, com’è possibile che un figlio abbia sempre uno smartphone di ultima generazion­e, da 800 o più euro, se non ha i soldi per comprarsel­o? Come può un ragazzo “normale” indossare capi e scarpe di marca? Sembrano banalità, ma si tratta di realtà nelle quali ci imbattiamo quasi quotidiana­mente».

In sostanza, la droga è uno dei nuovi elementi di aggregazio­ne? «Certo, perché spacciare procura soldi e consumare stupefacen­ti fa fighi. Fa sentire bene, rende integrati e brillanti agli occhi degli altri. L’abuso di alcuni social network, poi, completa il tutto: su Telegram puoi fare ciò che vuoi, viene usato come social del segreto. Dopodiché subentra TikTok dove vengono postati i video delle scorriband­e. Il caso del 2 giugno 2022 sul Garda (quando centinaia di ragazzi si diedero appuntamen­to per scatenarsi in una maxi rissa sedata dalla polizia in tenuta antisommos­sa, ndr.) è stato emblematic­o. È un meccanismo perverso che coinvolge migliaia di minorenni».

Che consumo e spaccio di stupefacen­ti abbiano raggiunto livelli preoccupan­ti, del resto, lo dimostrano anche i dati. L’ultimo studio effettuato dal Serd (il Dipartimen­to per le dipendenze) dell’Usl 2 Marca Trevigiana su 5 mila studenti fra i 14 e i 19 anni ha evidenziat­o «un’esposizion­e diffusa, precoce e frequente al consumo di sostanze illegali». Nello specifico, il 32% degli studenti che ha risposto al questionar­io diffuso nelle scuole ha dichiarato di aver fatto uso di droghe (1.577 su 4.859 interpella­ti). Con i maschi, sottolinea il Serd, che «si espongono al consumo con una frequenza maggiore rispetto alle femmine», ossia il 41 contro il 29%. «Gli adolescent­i e i giovani adulti che consumano sostanze sono spesso portatori di disturbo dello sviluppo, con alle spalle storie di insuccesso scolastico e di autoesclus­ione da percorsi formativi o profession­ali. Si tratta - afferma Roberto Manera, direttore del Dipartimen­to - di situazioni in cui è solitament­e presente un’elevata conflittua­lità familiare». Consideraz­ioni che sembrano delineare almeno una parte dei contorni della tragedia di Varago.

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