Ca’ Foscari mette i fondi Pnrr nella biofabbrica da 20 milioni
Dal foodtech all’aerospazio: parte il progetto per la fattoria verticale delle molecole
Venti milioni di euro d’investimento, per metà in arrivo dai fondi del Pnrr, per cambiare i paradigmi produttivi del Triveneto. Con le prime ricadute nei settori foodtech e biomateriali, biofarmaceutica e aerospazio. Tra un mese Venezia sarà il cuore della quarta rivoluzione tecnologica: dopo il digitale e il mondo dei «bit», la direzione da prendere nella visione del dipartimento di Management dell’università Ca’ Foscari è un ritorno al mondo fisico, fatto di materia ed energia.
«Il digitale è nato nella camera di Harvard di Marck Zuckerberg, nel garage di Steve Jobs. Ora si parte dalla ricerca scientifica, entrano in campo le università, insieme alle imprese che ingegnerizzano la ricerca e alle startup che portano la freschezza di prodotti radicalmente nuovi», afferma Carlo Bagnoli, docente di Innovazione strategica al dipartimento di Management di Ca’ Foscari e referente del progetto designato dall’ateneo veneziano. Il progetto, poiché legato ai fondi Pnrr (ottenuti dal bando del ministero dell’Università per le infrastrutture tecnologiche per l’innovazione), ha un nome in inglese: Future Farming - Innovation Technology Infrastructure. Al centro una biofabbrica. Come funziona? «Vogliamo replicare il processo che ha condotto a realizzare la molecola di vaccino Moderna su altre scale, per progettare molecole che non esistono – spiega Bagnoli – C’è una startup sull’isola della Giudecca che produce molecole sintetiche; l’abbiamo incrociata con l’azienda Zero Farms di Pordenone, punto di riferimento nell’agricoltura verticale, generando un’infrastruttura unica in Europa».
Il principio è passare dall’estrazione di risorse (dal petrolio alla plastica), alla loro generazione: invece di ottenere la plastica, disegnarne la molecola e svilupparla in colture in strati verticali (vertical farming). «Coltiveremo virus e batteri a livello micro, alghe e insetti a livello macroscopico», riassume Bagnoli. «Il progetto unisce ricerca e interdisciplinarità: università e Paese hanno i talenti per incidere nelle sfide globali», marca la rettrice di Ca’ Foscari Tiziana Lippiello.
L’infrastruttura si concretizza in una società pubblico-privata, che si costituirà a breve, tra Ca’ Foscari e Zero, che cofinanzierà il 51% della realizzazione dell’infrastruttura. Due le linee di sviluppo: imprese che chiedono di sviluppare progetti e ricercatori (attratti con bandi europei) sostenuti nel generare prototipi e startup. Le imprese interessate ci sono già: «Insieme a Zoppas Industries, per esempio, si è aperta la Space Economy: immaginare l’insalata da portare nelle stazioni spaziali - delinea Bagnoli -. Con Labomar ragioniamo su nuovi integratori». Seguono Kbio, Officianae Bio, Hello Tomorrow, Gruppo Abbi, Vivai Cooperativi Rauscedo e Signify, con Cisco e Dell Technologies come aziende tech. C’è anche la giapponese, Mitsui & Co, «holding con partecipazioni in almeno 600 aziende», dice Bagnoli.
Il progetto crescerà a Venezia nell’incubatore di startup all’ex-Herion, alla Giudecca, ma i laboratori – che con le attrezzature richiedono circa 10 milioni d’investimenti – hanno bisogno di 4.000 metri quadrati; si valutano aree tra l’aeroporto e la stazione. «Il Pnrr prevede d’investire anche al Sud – aggiunge Bagnoli – Zero è legata a Sardegna e Puglia: uno dei limiti del progetto è l’essere energivoro; il solare lì potrebbe essere la soluzione».
L’obiettivo è partire in giugno, insieme agli atenei del Triveneto dallo Iuav a Padova, Udine e Verona (già impegnata nel foodtech con l’acceleratore Foodseed di Cariverona e Cdp) nel comitato scientifico, entro settembre assumere il team di lavoro e valutare i primi progetti. L’infrastruttura, la cui costruzione sarà completata entro dicembre 2024 per diventare operativa nel 2025, figura come il «terzo cantiere» di VeniSia (l’acceleratore di startup di Ca’ Foscari) e aspira a mettere alla prova il tessuto produttivo veneto per farne un modello nazionale.