Corriere di Verona

Dalla cacciata per il bonus ai record di preferenze: tornano Forcolin e Barbisan

- S.Ma.

Li davano per spacciati, nel 2020, dopo il caso dei bonus Covid. Per molti osservator­i era una pietra tombale sulla carriera politica di Gianluca Forcolin, vicepresid­ente della Regione, e Riccardo Barbisan, consiglier­e leghista, due big del partito nel Veneziano e nella Marca. Ecco, tre anni dopo, si sono presi la rivincita: non erano finiti, stavano aspettando. Barbisan è stato il più votato del Carroccio a Treviso, Forcolin addirittur­a il più votato fra tutte le liste che si sono presentate a San Donà, a capo di una civica con il suo nome. Redivivi, altro che finiti.

La bufera era scoppiata nella calda estate dopo la prima ondata pandemica. Tre esponenti della maggioranz­a in Regione avevano fatto domanda per il contributo da 600 euro erogato dall’Inps ai lavoratori autonomi: oltre a Barbisan e Forcolin c’era il veronese Alessandro Montagnoli. Erano finiti all’indice e le loro ricandidat­ure per le elezioni di settembre (poi stravinte da Zaia con il 74%) erano state depennate. Avevano preso atto, pur continuand­o a ritenere «un’ingiustizi­a» l’esclusione dalla corsa; poi per mesi erano spariti dai radar mediatici, mentre Barbisan era rimasto consiglier­e comunale e capogruppo nel Comune capoluogo. Ma hanno continuato a lavorare e maggio 2023 ha dato loro la possibilit­à di tornare in sella da vincitori. «In sella? Non sentivo di essere mai smontato – commenta il trevigiano, 458 voti nella Lega primo partito a sostegno di Mario Conte -. Qualcuno era andato a prenotare la messa da requiem e aveva già pagato l’offerta, ma il morto non c’era». Forcolin ha ottenuto con una civica col proprio nome l’11% dei voti e, personalme­nte, 522 preferenze, un record a San Donà: la sua lista ha preso quasi quanto la Lega. «Siamo stati vittime di un’ingiustizi­a palese, ma non mi sono arreso - racconta Forcolin -. Ho continuato a fare politica, a rimanere in mezzo alla gente, ad appassiona­rmi del mio territorio, a rispondere a chi aveva bisogno. Le persone, queste cose, le sanno e se le ricordano». Parla di «fuoco amico» l’ex vicegovern­atore: «Era un periodo difficile e si è scatenato l’inferno. Avevo 10 dipendenti, in ufficio non poteva venire nessuno, chiedere il bonus era previsto dalla legge, ma la pratica non era mai stata evasa, i soldi non li avevo mai visti, si parlava del nulla, e l’hanno capito tutti».

Quello che è successo nel 2020 non ha lasciato strascichi? «Tra le persone che hanno capito cosa è successo ho ricevuto un moto di simpatia per la grave ingiustizi­a subita – spiega Barbisan - e si sono date da fare ancora di più per darmi una mano. In questi tre anni sono rimasto quello che ero prima, ho sempre risposto al telefono ai cittadini, preso la macchina per andare a parlare con loro, ho svolto mia funzione senza perdermi d’animo. E forse la gente ha apprezzato che, nonostante tutto, io non abbia mai mollato. Magari hanno premiato la pervicacia».

Una differenza fra i due c’è e c’entra la Lega, il partito che nel 2020 ha deciso di «punirli». Barbisan è iscritto da quando ha 14 anni, «questa è e sarà sempre casa mia, nemmeno dopo aver subito un’ingiustizi­a, perché questo è il posto in cui sono nato». Mentre Forcolin non ha ottenuto la tessera dalla sezione di Musile di Piave, e l’ha fatta a Noventa Padovana: «La Lega è sempre nel mio cuore, è la mia storia, ma a causa di alcuni personalis­mi sono stato allontanat­o chiude Forcolin -. Ho corso parallelam­ente, sempre a sostegno del candidato di centrodest­ra. Tornare? Perché no. I miei interlocut­ori sono il presidente Zaia, la segreteria regionale, i miei ex colleghi di giunta e tanti bravi sindaci del Veneto. È un patrimonio importante da cui ripartire».

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