«Depotenziato il diritto allo studio, vogliamo dignità»
Ha rotto il «cerimoniale». VERONA Perchè a lei, dopo il suo intervento, si sono rivolt i direttamente sia il ministro Bernini che il sindaco Damiano Tommasi. Lei è Francesca Flori ed è la presidente del consiglio degli studenti dell’Università di Verona. Ha sparigliato le carte, Francesca, mentre i suoi colleghi nelle tende la guardavano dalle vetrate del Polo Zanotto. E con le sue parole ha inchiodato ciascuno alle proprie responsabilità. Ha iniziato raccontando la storia di una studentessa che per mantenersi allo studio accetta lavori sottopagati, per poi arrivare a lasciare l’università. «Storie come questa vengono raccontate troppe volte - ha detto -. Queste sono esperienze che viviamo quotidianamente e che ci hanno spinto, qui, come in tutta Italia a mobilitarci. Abbiamo ricevuto solidarietà, ascolto, sostegno e impegno anche da parte degli atenei, come qui a Verona. La pandemia ha rafforzato la sinergia tra università e società civile, realizzando quella visione programmatica che aveva il nostro primo rettore, Terzian: l’università come comunità dove si gettano le basi del progresso scientifico, culturale e sociale. Ma quale progresso può mai esserci se non siamo tutelate e tutelati? Meno del 5% degli studenti ha la fortuna di abitare in uno studentato
pubblico e l’abitare sta alla base della nostra visione di università». Ma non è solo sul fronte abitativo che le parole di Francesca sono state pietre. «Questo è lo specchio di un Paese che non ha fatto altro che depotenziare e sotto-finanziare il proprio diritto allo stunei
dio». Ha spiegato, la presidente del consiglio degli studenti che «in Italia solo un sesto degli studenti viene raggiunto da un sistema di diritto allo studio». Che «quasi mezzo milione di studenti sceglie di abbandonare gli studi, confermandoci penultimo Paese in Europa per numero di laureati». Che «ogni anno un ricercatore su 5 lascia l’Italia per trovare all’estero quella dignità lavorativa, qui assente». «Siamo stanchi - ha detto Francesca di sentirci additati come l’unica fonte del problema, quando lo Stato investe in Università meno dell’1% del Pil». Ha parlato degli specializzandi di Medicina, Francesca. «Al di fuori
del nostro Paese, ricerca e specializzazione vengono riconosciute come lavori, mentre in Italia queste non sono nemmeno garanzia per un mutuo». E le rivendicazioni: «Vogliamo viverla l’università. Vogliamo diventi un’esperienza di crescita. Vogliamo essere parte delle città dove studiamo. E invece sono lo Stato, il governo, le Regioni a scegliere di impedircelo. Vogliamo essere studenti con dignità, non passare solo tempo nelle aule e dare esami. Vogliamo poter prenderci cura di noi stessi, delle nostre relazioni sociali e adoperarci per essere attori di questa comunità». (an.pe.)
Vogliamo essere parte delle città in cui studiamo