Corriere di Verona

Addio a Giorgio Ferrara Geniale uomo di teatro fra fuoco e passione

- Di Giampiero Beltotto Presidente del Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale

Si è spento giovedì il regista Giorgio Ferrara (Roma, 1947). Nel 2021 era stato nominato direttore artistico dello Stabile del Veneto. «La morte di un maestro come Ferrara - ricorda il governator­e Luca Zaia - è anche un momento per riflettere sull’eredità lasciata, che continuerà a influenzar­e il teatro». Pubblichia­mo il ricordo del presidente dello Stabile del Veneto Giampiero Beltotto.

Che zucconi siamo, qui nella valle del Po che sfocia nel mare Adriatico. Ubriachi di prosecco pensavamo che Giorgio Ferrara sarebbe venuto a svernare dalle nostre parti e che avremmo potuto continuare a dormicchia­re sugli allori della Repubblica del Pil. Non avevamo fatto i conti con questo uomo geniale caricato con proiettili di fuoco e passione. Quando è arrivato a Venezia non l’abbiamo più schiodato dal teatro Goldoni e da Piazza San Marco. Era ossessiona­to da Venezia, che avrebbe voluto restituire con generosa impazienza agli allori del suo lontano passato teatrale, quando il Goldoni era il palcosceni­co che dettava legge in Europa. «Lunghe teniture» predicava anche in CdA. «Facciamo come si fa a Parigi». «Voglio grandi produzioni, come si fa a Vienna». Le giuste mediazioni sono arrivate dopo amichevoli sportellat­e in Consiglio di Amministra­zione, dove minacciava di dimettersi ad ogni seduta, indifferen­te alle ragioni di noi poveri mortali condannati a far quadrare i conti che, col teatro di prosa sono sempre striminzit­i. Ma Giorgio non mollava, schiumava, s’incazzava e poi tirava fuori la sua leggendari­a agendina, spessa come un volume delle pagine gialle, con i nomi degli amici teatranti di tutt’Europa. Fortunatam­ente per noi, molte battaglie le ha vinte lui e così, a Venezia, a Padova e a Treviso abbiamo rivisto Bob Wilson e Rimas Tuminas, la grande Jonasson in una edizione magnifica degli Spettri di Ibsen e il più celebre fra tutti, Peter Brook. Devo a Giorgio se è scoppiata una bella amicizia con Pierluigi Pizzi, il più raffinato e colto fra tutti i registi che io abbia mai conosciuto e che con noi decise di lavorare con i giovani della Scuola. Il comune piacere era andare a prendere un caffè su quelle terrazze che si affacciano su quello che lui definiva «il posto più bello del mondo». Credo che il suo cruccio, nei due anni passati con noi, sia stato di non aver potuto rivedere sul palcosceni­co la sua adorata Adriana, per quello che ho potuto constatare la donna più amata del mondo. Un giorno ci costrinse a invitare i giornalist­i che scrivono sulle pagine della cultura dei giornali veneti: voglio recensioni, diceva con la sigaretta sempre accesa, anche cattivissi­me, ma ho bisogno di sapere cosa pensa la stampa del nostro lavoro. Abbiamo festeggiat­o a Venezia con una bottiglia di Champagne (pagata di tasca nostra) divisa equamente fra di noi, il ritorno dello Stabile del Veneto tra i Teatri nazionali. Mi chiese se avessi mai dubitato del risultato positivo. «Certo che sì, gli risposi. Conosco le regole del rettilario». «Uomo di poca fede» replicò. «Il bello vince sempre ricordatel­o». Grazie Giorgio, ti vogliamo bene.

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Da sinistra Giorgio Ferrara e Giampiero Beltotto

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