Corriere di Verona

«Verona ormai oltre la soglia Questo nuovo “petrolio” rende i residenti più poveri»

- Di Matteo Sorio

Classe ’74, il professor Filippo Celata insegna all’università La Sapienza di Roma e da esperto di geografia economica studia da anni l’impatto del turismo sulle città.

Professor Celata, i dati turistici degli ultimi 15 anni di Verona cosa dicono?

«Che è stata abbondante­mente superata la sogliachia­ve. Quando si toccano questi numeri la “turistific­azione”, anziché contribuir­e a diversific­are le città sul piano funzionale ed economico, fa sì che il turismo sostituisc­a altre forme di economia locale. Città medie come Verona sono la frontiera attuale degli studi perché stanno vivendo quanto già accaduto a grandi città italiane ed europee».

Cioè?

«I servizi necessari ai turisti non sono gli stessi di cui hanno bisogno i residenti. Senza demonizzar­li, ma negli alloggi privati il turista non trova tutti i servizi degli alberghi e così crescono le attività legate al cibo quali catene del food, a detrimento delle botteghe di alimentari. È solo un esempio di servizi di base che scompaiono, vedi in certe città gli asili, il tutto secondo un processo che agisce a tenaglia».

In che modo?

«Le città altamente turistific­ate da un lato attirano sempre più lavoro scarsament­e qualificat­o quindi persone a medio-basso reddito e dall’altro sostengono i valori immobiliar­i, con i costi degli spazi che si fanno sempre più elevati e proibitivi per l’artigianat­o e per gli esercizi commercial­i a guida famigliare».

Anche a Verona le nuove aperture sono legate soprattutt­o a catene o franchisin­g.

«I turisti vogliono comprare vestiti ma quali esercizi se non le grandi catene possono ricavare margini a fronte delle spese d’affitto? Il turismo produce ricchezza, sì. Tuttavia, evitando prese di posizione pregiudizi­ali o binarie, dobbiamo imparare a domandarci dove va poi questa ricchezza: se investono solo attori che arrivano da fuori, la ricaduta locale si abbassa».

A quale tipo di processo assistiamo?

«A un processo di tipo estrattivo. La frase “il turismo è il nuovo petrolio” mi ha sempre trovato d’accordo. Il valore simbolico è usato per produrre rendita per proprietar­i di immobili o per operatori economici, spesso non locali».

Tra l’altro più turismo, anche a Verona, vuol dire meno affitti per studenti e lavoratori…

«In un contesto in cui è molto facile fare soldi con i turisti, il proprietar­io vede in essi un tipo di cliente più sicuro e remunerati­vo. A ora una quota insostenib­ile di stock residenzia­le è offerta ai turisti. E il fatto che gran parte dell’aumento dei flussi sia assorbito e probabilme­nte causato dall’extra-alberghier­o comporta anche un altro problema: si abbassano i prezzi dei pernottame­nti e si democratiz­zano i flussi ma al contempo peggiora la qualità dei flussi stessi in termini di capacità di spesa».

L’effetto di tutto ciò?

«Una sorta di alienazion­e dalla città, percepita come “invasa”, e la perdita di una parte di popolazion­e che, con sé, magari porta altrove anche elevati titoli di studio e competenze».

” Il turista non diversific­a ma sostituisc­e altre forme di economia

Ci sono analisi che dimostrano come nelle città «turistizza­te» aumentino anche i prezzi e il costo della vita?

«Ci sono evidenze solidissim­e da decenni, sì. Firenze ad esempio si sta impoverend­o e la gente non capisce. “I turisti portano soldi”. Sì, ma a chi?».

Richiesti sempre più lavori poco qualificat­i, con costi di vita sempre più alti

Quindi Verona è un esempio di città che non beneficia più del turismo e la retorica dei dati-record non fa che nascondere il vero problema?

«Per come la vedo io, alla luce degli studi, la turistific­azione di città come Verona ha superato il limite entro cui si può parlare di beneficio per i residenti».

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Professore Filippo Celata insegna geografia economica alla Sapienza di Roma

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