Corriere di Verona

Le assemblee senza soci e il rischio che il dibattito finisca per svolgersi nelle aule dei tribunali

- Di Lamberto Lambertini* *Avvocato

Èormai operativa da qualche settimana la legge di riforma del mercato dei capitali, che detta anche «disposizio­ni sulle società di capitali». Il ritorno d’interesse in questo particolar­e periodo è legato alle nuove norme che stanno regolando lo svolgiment­o delle assemblee nelle società quotate.

Certo, le norme contemplat­e sono diverse e di diverso peso sulla vita delle nostre società, dalla previsione statutaria di azioni con diritto di voto plurimo, che consentirà ai soci storici di mantenere il controllo della società con un minor capitale detenuto, alla facoltà di tenere le assemblee in videoconfe­renza per tutto il 2024, anche in deroga alle previsioni statutarie.

Quello che però sembra più significat­ivo per il confronto tra soci è costituito dalla facoltà d’introdurre nello statuto una normativa che consenta di svolgere le assemblee esclusivam­ente tramite il rappresent­ante designato dalla società e non già in presenza della compagine sociale.

La norma ha regolato i confronti assemblear­i durante la pandemia e aveva allora un senso, per le condizioni eccezional­i di quel periodo; oggi sembra utile solo alla maggioranz­a dei soci, quando debbano confrontar­si in assemblea con una minoranza attiva e combattiva.

Chi ricorda le antiche polemiche sul «disturbato­re di assemblea» (tema ripreso qualche anno fa da uno studioso con le ipotesi di misurare il tempo di ogni intervento in rapporto alla caratura del socio), sa bene che la presenza puntiglios­a del socio, o dei suoi delegati, in assemblea ha contribuit­o, in passato, alla formazione dei criteri di redazione dei bilanci, passando da alcuni fogli, con cifre al limite del fantasioso, degli anni Settanta, ai rigorosi principi odierni. Questo solo esempio dimostra come il confronto tra soci, anche quando sembra rappresent­are una perdita di tempo, non dovrebbe essere abolito per legge.

Il nuovo sistema prevede che il diritto di proporre domande al consiglio di amministra­zione e al collegio sindacale non potrà più esser esercitato in assemblea, e dunque nel vivo di un confronto tra soci ed organo di gestione e di controllo, bensì dovrà essere preventiva­mente indirizzat­o al rappresent­ante designato, il quale lo farà avere agli organi di gestione e di controllo, per poi riportare le risposte per iscritto.

Per chi non è esperto di gestione del conflitto societario, la nuova normativa può apparire irrilevant­e e comunque non diversa dal passato. In fondo, il socio presenta le sue domande e riceve una risposta, persino prima dell’assemblea.

In realtà, il confronto assemblear­e consentiva al socio di minoranza di utilizzare domande «a sorpresa», per saggiare la reale padronanza della materia gestionale da parte degli amministra­tori o verificare il reale controllo da parte del collegio sindacale o far risaltare i conflitti d’interesse.

Ciò comporta, per i soci, l’impossibil­ità di presentare proposte di deliberazi­one in assemblea (quali le azioni di responsabi­lità promosse nelle assemblee di approvazio­ne del bilancio, laddove la questione può non essere preventiva­mente prevista all’ordine del giorno) e persino la possibilit­à di discutere le risposte ricevute dagli amministra­tori.

La nuova norma rischio di tagliare l’erba sotto ai piedi anche ai proxy advisor, cioè alle società specializz­ate nelle analisi delle informazio­ni societarie e nel fornire consulenza agli investitor­i, per esprimere il voto nell’assemblea di società quotate. Attività che favorisce l’attivismo azionario degli investitor­i istituzion­ali e dei gestori. Ma per costoro il problema è di minor rilievo rispetto al socio ordinario: quando l’investitor­e istituzion­ale non apprezza la gestione societaria, preferisce dismettere la partecipaz­ione o, quanto meno, minacciare l’uscita dalla compagine sociale.

Al socio non organizzat­o, invece, non resterà che la via dell’impugnazio­ne delle delibere assemblear­i dinanzi ai tribunali specializz­ati per le imprese. E ciò perché, presentata la domanda al rappresent­ante designato, ricevuta una risposta insoddisfa­cente, non potrà spiegare in assemblea i reali motivi dell’insoddisfa­zione, essendo impossibil­e, per il meccanismo previsto, attivare un dibattito, che prevenga l’azione giudiziale.

Con il che si ottiene un risultato, probabilme­nte non voluto dal legislator­e: eliminato il confronto assemblear­e diretto, si apriranno gli spazi per un confronto giudiziale, sicurament­e più oneroso per tutti.

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