Corriere di Verona

Mestre, omicidio nell’ascensore Cugini condannati a 24 e 21 anni

La vittima, 32 anni, entrò per errore nel loro appartamen­to. Morì pestato a sangue

- Gloria Bertasi

Ventiquatt­ro e ventuno anni di carcere per aver picchiato a morte, nell’ascensore del loro condominio a Mestre, il trentaduen­ne Lorenzo Nardelli. È la sentenza letta ieri pomeriggio in Corte d’Assise a Venezia dal giudice Stefano Manduzio (Francesca Zancan a latere): i due cugini moldavi Radu e Marin Rusu, di 32 e 35 anni, sono stati ritenuti colpevoli di omicidio, aggravato da crudeltà. Come, qualche ora prima, aveva affermato il pubblico ministero Stefano Buccini, la cui richiesta di pena (26 e 21 anni) è stata sostanzial­mente confermata dai giudici togati e popolari. In aula, visibilmen­te scossi e distrutti dal dolore, i genitori di Nardelli, sempre presenti alle udienze. Come pure i parenti dei due imputati: sui loro volti i segni della disperazio­ne per il dramma in cui sono piombati il 9 agosto.

Quando, la sera, Nardelli varca la soglia dell’appartamen­to dei Rusu nel condominio al civico 9 di via Rampa Cavalcavia a Mestre: i cugini lo vedono, lui se ne va e imbocca l’ascensore che poi si blocca. Radu lo insegue e inizia un pestaggio che si rivelerà fatale — «pugni e calci sferrati con violenza brutale», ha relazionat­o a metà aprile la medica legale della procura Cristina Mazzarolo —, Marin entra quindi in un secondo momento ma, per l’accusa, anche lui ha giocato un ruolo da protagonis­ta nella tragedia. Un omicidio efferato che, a inizio indagini, non pareva avere motivazion­i: i tre non si conoscevan­o e non avevano mai avuto rapporti.

«Nardelli si è trovato nel posto sbagliato nel momento sbagliato», ha detto Buccini. Quella sera, il trentaduen­ne aveva un appuntamen­to con una escort. Alle 22 ha suonato il campanello e lei gli ha aperto il portone. Ma invece di imboccare la scala A e salire al terzo piano, ha preso la B, quella dei Rusu. «Che lo hanno scambiato per un ladro», hanno sottolinea­to gli avvocati della difesa Giorgio e Luca Pietramala. I due cugini, in dieci mesi, non hanno mai cambiato versione dei fatti: erano convinti che Nardelli volesse rubare e che avesse sottratto le chiavi di casa loro (lasciata per sbaglio socchiusa dopo aver gettato le immondizie). «Se chiedesser­o se la nostra società è sempre più violenta, tutti direste sì — ha continuato Giorgio Pietramala — Come lo è, sempre di più, Mestre. Ricordiamo la polemica dei cittadini con il Comune per via Piave, via Cappuccina, per via Rampa Cavalcavia: non si sentono tutelati. In quel condominio c’è paura». La stessa che, a detta della difesa, avrebbero provato i Rusu, «lavoratori extracomun­itari incensurat­i». Che quella notte avevano bevuto troppo «a casa loro, non in giro». Radu si sarebbe difeso («la sua responsabi­lità è pacifica, ha esagerato») e il reato a lui ascrivibil­e sarebbe un «eccesso colposo di legittima difesa», mentre Marin (Pietramala ne ha chiesto l’assoluzion­e) non avrebbe avuto ruolo attivo: «Prova ne sono le undici chiamate alla polizia». Il tutto in una vicenda inanellata tragiche fatalità (unico punto di intesa tra procura e difesa): dalla scala e casa sbagliate, all’ascensore che si blocca. Dove, ha aggiunto Pietramala contestand­o la perizia di Mazzarolo, «Nardelli oppone resistenza, ha segni di offesa».

Posizione antitetica rispetto a quella della procura. «La vittima vuole andarsene, Radu esercita violenza in forme estreme: ha le nocche della mano spaccate, segni sulle gambe — ha detto il pm —. Nardelli non ha nulla che indichi offesa, è una vittima sfortunati­ssima non un aggressore. Radu ripete: “Mi sono difeso”, vuole dire non avere coscienza di quanto accaduto in quei sette-otto minuti». Mentre per Marin c’è stato «concorso materiale». «I testimoni sentono urlare “basta” e “non ho le chiavi”, lui nulla se non generiche urla». E nemmeno «si accorge che (il cugino, ndr) lo sta massacrand­o». Di qui la richiesta di 26 e 21 anni riconoscen­do attenuanti generiche. Che Francesco Livieri, legale della famiglia, ha chiesto di eliminare insieme a un milione di euro di risarcimen­to e 300 mila euro di provvision­ale, cifra questa già riconosciu­ta dai giudici. Tra novanta giorni le motivazion­i della sentenza. Poi la difesa ricorrerà in Appello.

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A sinistra il luogo del brutale pestaggio che è costato la vita a Lorenzo Nardelli (nella foto sopra).
32 anni, un passato segnato dalle dipendenze, aveva appena trovato lavoro. La sera dell’omicidio aveva appuntamen­to con una escort al terzo piano di un’altra scala del condominio. La porta dei cugini Rusu era socchiusa ed è entrato
La mattanza A sinistra il luogo del brutale pestaggio che è costato la vita a Lorenzo Nardelli (nella foto sopra). 32 anni, un passato segnato dalle dipendenze, aveva appena trovato lavoro. La sera dell’omicidio aveva appuntamen­to con una escort al terzo piano di un’altra scala del condominio. La porta dei cugini Rusu era socchiusa ed è entrato
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