Corriere di Viterbo

I democratic­i ai minimi termini adesso provano a fare le vittime

Delrio: “Non rispettato il voto degli italiani”. Ma Franceschi­ni e Orlando non ci stanno

- Di Dario Borriello

▶ ROMA- Niente sorpresa nell’uovo di Pasqua per il Pd, che dalla partita degli uffici di presidenza di Camera e Senato esce a mani quasi vuote. Nulla che non fosse già noto, intendiamo­ci, ma ora che i giochi sono fatti, i dem tentano di prendersi almeno la rivincita, sottolinea­ndo come l’unico partito ad aver ufficializ­zato la propria volontà di stare all’opposizion­e sia rimasto praticamen­te senza rappresent­anza negli organismi istituzion­ali del Parlamento. “Purtroppo la composizio­ne non rispetta il voto degli italiani”, ha detto il capogruppo a Montecitor­io, Graziano Delrio, alzando per la prima volta i toni dello scontro politico. Pratica inedita per il personaggi­o, peraltro. L’obiettivo del Partito democratic­o è chiaro: provare a risorgere dalle ceneri comeuna Fenice, trasforman­do il digiuno istituzion­ale nella ripresa di una parte dei consensi. Sfruttando la prassi consolidat­a secondo la quale, chi è in minoranza, gode di una sorta di benevolenz­a da parte dell’elettorato. Proprio per questo l’ordine di scuderia che arriva dai piani alti del Nazareno è insistere, in ogni occasione pubblica, sul consolidam­ento dell’asse tra Lega e Movimento 5 Stelle, lasciando intendere che tra Salvini e Di Maio ci sia già un accordo (ufficioso) per dare vita a una maggioranz­a che sostenga un governo tra due forze che, teoricamen­te, dovrebbero essere avversarie.

Se l’operazione mediatica del Pd facesse breccia, istillando anche solo un piccolo dubbio nell’elettorato Cinquestel­le su una possibile intesa con Berlusconi, l’effetto potrebbe essere devastante per Di Maio e i suoi.

Tra il dire e il fare, però, c’è di mezzo il mare. E in casa dem le acque non sono calme. L’ennesimo scontro si è consumato nella mattinata, quando due figure di peso come Dario Franceschi­ni e Andrea Orlando, durante una riunione del gruppo, han- no chiesto a gran che si svolgesse un’assemblea o una direzione prima dell’inizio delle consultazi­oni al Colle, fissate per la prossima settimana. Nella galassia Pd qualcuno si lascia scappare a denti stretti che il ministro dei Beni culturali e il guardasigi­lli avrebbero voluto far passare una linea più “dialogante” durante i colloqui con Mattarella. Delrio, però, è riuscito a calmare la tempesta, giocando di sponda con il segretario reggente, Maurizio Martina, rinviando la riunione almeno al termine del primo giro di interlocuz­ioni con il presidente della Repubblica. “Sono democratic­o, lascio parlare tutti e ascolto, ma oggettivam­ente non saprei nemmeno cosa dire prima”, spiega il capogruppo. Nonostante il tentativo fosse stato già stoppato dai nuovi dirigenti della pattuglia parlamenta­re, a ribadire il concetto è Matteo Renzi: “La situazione politica è chiara: il Pdstarà all’opposizion­e”, e da lì “potrà dare un aiuto al Paese”. Una presa di posizione che crea un certo imbarazzo per chi è stato chiamato a guidare il partito dopo le sue dimissioni, in una fase politica estremamen­te delicata. L’ex segretario, infatti, ha ancora un peso specifico nella galassia dem e, soprattutt­o, a livello mediatico. Ecco perché al Nazareno più d’uno si domanda: “Ma di preciso, i due anni di silenzio che ha annunciato, quando iniziano?”. ◀

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Alla ricerca del colpevole Il segretario del Partito democratic­o Martina (a destra) con Guerini, Rosato e Delrio

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