Il Pd lascia l’Aventino e Renzi non protesta
Le tre proposte di legge annunciate da Martina non vengono contrastate dal segretario dimissionario. E c’è chi scommette sull’appoggio ai 5 stelle
▶ ROMA Il Pd lascia l’Aventino. La linea emersa giovedì al Colle dopo le consultazioni bis, è confermata: confronto aperto con tutti, main Parlamento. La cartina di tornasole è il mancato fuoco di fila dei senatori renziani dopo le tre proposte di legge annunciate da Maurizio Martina, segno che anche Matteo Renzi sta andando verso una direzione sempre di minoranza, mamenoarroccata. Unpiccolo segnale che però è un grande passo anche per la compattezza del partito. Un primo assaggio di ritrovata intesa si è avuto la scorsa settimana quando sulla proposta renziana di far slittare l’assemblea dei Dem (forse il 5 giugno) sono convenuti anche Martina e l’ala di Dario Franceschini. Non si parli però di sostegno a questa o quell’altra forza per un esecutivo in comune. Questa la linea ufficiale, anche se una parte dei Dem sosterrebbe volentieri un’apertura esplicita ai Cinquestelle, ipotesi annusata dagli stessi pentastellati che sembrano non sgradire, come testimonia l’atteggiamento composto tenuto in aula durante e dopo la relazione in aula di Paolo Gentiloni sulla Siria. “Sono le prime tre proposte del Pd per gli italiani, non per questo o quel partito”, precisa Martina per chiarire che non è un invito al M5s. Versione confermata in serata anche dal renzianissimo capogruppo dei senatori Andrea Marcucci, per cui si tratta di un contributo rivolto a “tutti i presidenti che riceveranno l’incarico dal capo dello Stato”. Nes- suna apertura nei confronti di possibili esecutivi pentastellati e della Lega dunque. Se chi ha vinto il 4 marzo pensa “ai forni e agli orti” - è il ragionamento - il Pd guarda agli italiani. Famiglia, povertà e lavoro sono le tre “proposte di legge del Pd rivolte al Parlamento”, per dirla con Graziano Delrio che si limita a questo commento in Transatlantico. Lo stallo, secondo il ministro dei Trasporti, è grave: una “quaresima” che non permette di affrontare i veri problemi del Paese. Il capogruppo dei deputati invita quindi a fare presto e a presentare “proposte serie senza parlare più di forni”. Il Pd insomma non vuole dare l’idea di restare sugli spalti a guardare qualora si formi un qualsiasi esecutivo: se ci saranno proposte condivisibili, a partire proprio dai tre punti indicati da Martina, i Dem potrebbero anche votarle o comunque agire in modo responsabile. Si sta cercando di smontare quell’idea di chiusura totale trasmessa l’indomani delle elezioni. Che si cerchi una pacificazione interna al partito lo dimostra lo stesso atteggiamento di Renzi, tornato prima dal Qatar appositamente per l’informativa di Gentiloni. Il segretario dimissionario è stato il primo dai banchi dei senatori Pd a far partire l’applauso all’indirizzo del premier nel passaggio in cui parlava della Nato (applauso condiviso dai senatori di FI). A suggellare la pacificazione anche la stretta di mano fra lui e Gentiloni e il saluto di persona con Napolitano. Questo non gli ha impedito di riunire i suoi (tra cui anche la Boschi) a palazzo Giustiani prima dell’informativa del presidente del Consiglio. Di fronte all’incognita di cosa succederà al Quirinale c’è però chi nel Pd scommette sull’appoggio esplicito ai Cinquestelle, sia tra gli orlandiani sia tra i senatori di maggioranza. Fra questi ultimi c’è chi propone un appoggio esterno a un esecutivo pentastellato dopo l’eventuale fallimento di un tentativo M5S-centrodestra, che potrebbe essere certificato da un mandato esplorativo alla presidente del Senato Casellati. Renzi potrebbe essere convinto dall’introduzione nel programma di governo di una riformain senso presidenziale della Costituzione - che riabiliterebbe la sua stagione di riforme e che al contempopotrebbe nondispiacere a DiMaio- insieme alle proposte di legge targate Martina che strizzerebbero l’occhio proprio ai 5 stelle. ◀