Corriere di Viterbo

Di Maio sceglie la linea dell’attesa ma i maldipanci­a sono in aumento

Il capo dei grillini ha smesso di telefonare agli altri leader. Dopo il vertice con Casaleggio i Cinque stelle hanno deciso di valorizzar­e le aperture di Martina

- Di Dario Borriello

▶ ROMA - Ora tocca agli altri, noi siamo qui e aspettiamo. La linea scelta dal Movimento 5 stelle prima del d-day al Colle per il mandato esplorativ­o è quella di mettersi sulla riva del fiume “aspettando che il cadavere del nemico passi”. Luigi Di Maio continua ad alimentare i forni del dialogo, in attesa che qualcuno dalla Lega o dal Pd si faccia vivo in maniera concreta, ma ha deciso di smettere di telefonare agli altri leader per fare il primo passo e quasi non chiede più novità ai suoi capigruppo sulle ’interlocuz­ionì. “Noi abbiamo lanciato un’offerta di collaboraz­ione a cui nessuno ha risposto, di più non possiamo fare ora”, spiegano autorevoli fonti pentastell­ate. Anche la mossa di dar vita a un comitato scientific­o per analizzare la compatibil­ità dei programmi elettorali finora non ha prodotto grandi risultati, matornerà utile a stretto giro di posta negli scambi istituzion­ali con il Colle, quando la partita del governo entrerà nella fase clou. La fiducia nell’operato di Mattarella è sincera, oltre che totale, quindi il M5s farà davvero di tutto per agevolare il suo compito, con la profon- da (e fondata) convinzion­e che il Quirinale ricambi la stima non mettendoli mai in secondo piano o, peggio ancora, fuori dal match. Scenario che, tradotto dal dizionario cinquestel­le, porta alla scelta di Maria Elisabetta Alberti Casellati per il primo giro di esplorazio­ne. Sarebbe il modo migliore di guadagnare altro tempo per trattare con Salvini e Martina, allontanan­do quella che i pentastell­ati consideran­o una “ipotesi irrealisti­ca” (e pericolosa), ovvero il pre-incarico al presidente della Camera, Roberto Fico. Perché in quel caso Di Maio sarebbe costretto non solo a fare un passo indietro sulla premiershi­p, ma anche a dover garantire i voti al suo compagno di partito. Nella testa del giovane leader sarebbe mille volte meglio tornare anticipata­mente al voto. Infatti, ai piani alti del M5s confermano che nessuna eventualit­à è esclusa o preclusa. Anche per questo il capo politico ha incontrato a Roma Davide Casaleggio e Pietro Dettori, anime dell’Associazio­ne Rousseau. Le funzionali­tà della piattaform­a su cui vive la democrazia digitale dei gialli, infatti, sono in fase di completame­nto, mase ci fosse un’accelerazi­one del processo non sarebbe certamente un male. Prima, però, vanno valorizzat­i i timidi segnali di apertura arrivati dal segretario reggente del Pd, Maurizio Martina, che ha lanciato la sfida su tre punti programmat­ici: povertà (incrementa­ndo il Reddito di inclusione), lavoro, famiglia. Temi cari al Movimento, che ha scelto comunque di gestire la vicenda con le molle, nonfidando­si al 100% della tenuta dei dem. Nontanto per l’ex ministro delle Politiche agricole, ritenuto un interlocut­ore credibile, quanto per l’ombra di Renzi che aleggia sempre sul partito e può condiziona­re l’operato dei suoi vertici. Non ha scalfito la compattezz­a del gruppo pentastell­ato, invece, la vicenda sollevata dal Foglio, secondo il quale il programma elettorale votato dagli iscritti non sarebbe quello pubblicato sui canali ufficiali dopo le elezioni del 4 marzo. Dallo staff di comunicazi­one è arrivata una secca smentita: “I punti votati dai cittadini sono gli stessi inseriti nel programma. Le versioni precedenti a quelle definitive, pubblicate il 21 febbraio 2018, erano chiarament­e versioni provvisori­e, sviluppate all’interno di gruppi di lavoro ad aprile dello scorso anno e che poi sono state oggetto di ulteriori modifiche, accogliend­o proposte e istanze, fino alla stesura definitiva”. Così come sono state smentite le notizie sulla compravend­ita di parlamenta­ri M5s da parte di Forza Italia. Nessuno per ora pensa di lasciare la trincea, ma più passano i giorni e più aumentano i maldipanci­a. Ecco perché la linea dell’attesa non può durare ancora per molto o, quanto meno, non diventare immobilism­o. ◀

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