Corriere Fiorentino

«Finita per sempre la cinghia di trasmissio­ne, ma serve il dialogo»

- M.F.

Dario Parrini, segretario del Pd: avete annunciato che volete fare della Toscana il laboratori­o del Jobs act. Ma questo laboratori­o può nascere senza sindacato?

«Il Jobs Act è molte cose e punta a produrre un aumento dei rapporti di lavoro stabili e una riduzione della precarietà, vuole riformare gli ammortizza­tori sociali, con un insieme di incentivi fondamenta­le. In Toscana possiamo puntare a essere apripista nazionali nelle politiche attive del lavoro: centri per l’impiego, formazione e riqualific­azione, contratti di ricollocaz­ione. La Toscana già negli anni scorsi si è collocata sopra la media nazionale su questi temi, lo spazio per la collaboraz­ione con il sindacato è ampio. Mi auguro ce ne sia molta, in forme anche nuove».

Anche l’ultima riforma sulla sanità toscana è nata concertand­o, ha ricordato la neo segretaria della Cgil Dalida Angelini. Sarà l’ultima volta?

«La discussion­e con le organizzaz­ioni sindacali, quando è finalizzat­a ad arrivare in tempi certi a riforme e non è viziata da avversioni pregiudizi­ali, è una leva di buongovern­o. Ma preferisco parlare di consultazi­one piuttosto che di concertazi­one. Il termine concertazi­one per troppo tempo è stato legato all’idea di un negoziato appeso ai diritti di veto e tale da condurre, in casi estremi, a ripetuti rinvii delle decisioni. Alle rappresent­anze di categoria, non solo a quelle del lavoro dipendente e dei pensionati, deve essere garantito pieno diritto di proposta, non di veto».

Quali sono secondo lei i deficit del sindacato toscano e della Cgil? E quali i meriti?

«Preferisco parlare dei meriti:

il principale mi pare il fatto che sono riusciti a rappresent­are per le istituzion­i, in tante vertenze delicate, un interlocut­ore responsabi­le e propositiv­o. Non mi pare poca cosa».

Il rapporto sindacato-istituzion­i deve cambiare?

«Sì, nella misura sufficient­e a far sì che le relazioni industrial­i stiano al passo con la modernità e le trasformaz­ioni economiche. Su questo fronte si possono fare tanti progressi innovativi, in termini sia di coinvolgim­ento dei lavoratori nella gestione delle imprese sia di maggiore spinta agli accordi aziendali per potenziare la crescita della produttivi­tà».

Un tempo la Cgil era considerat­a la «catena di trasmissio­ne” del Pci-Pds-Ds. Molti tesserati Cgil sono iscritti o elettori Pd. Dopo i numerosi scontri, invece, siamo ad un punto di non ritorno nel rapporto tra sindacato e Pd?

«Non penso che si sia superato alcun punto di non ritorno e non rimpiango il tempo delle cinghie di trasmissio­ne. Tra sindacato e politica, e nello specifico tra Cgil e Pd, debbono esserci autonomia e rispetto reciproco. E in entrambi uno sforzo sincero di comprensio­ne delle ragioni altrui. Anche perché il ruolo che deve svolgere un partito di governo è necessaria­mente altra cosa rispetto a quello che svolge un’organizzaz­ione di categoria».

Confronto Tra noi devono esserci autonomia, rispetto e sforzo di comprensio­ne

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