Che sfida il Rigoletto pulp
Il regista fiorentino Federico Grazzini apre il festival dello Sferisterio di Macerata «Giro l’Europa ma non dimentico la mia città. E non è detto che non torni, magari al Maggio»
Ormai si ferma nella sua Firenze giusto per salutare i parenti e gli amici più cari. Il regista, ma anche attore, scenografo e tecnico luci Federico Grazzini a 33 anni si divide fra i teatri italiani e d’Europa, dall’Opera di Nizza al Théâtre des Arts di Rouen, e sta per inaugurare la cinquantunesima edizione del Macerata Opera Festival allo Sferisterio con il suo allestimento del Rigoletto (dal 17 luglio).
Ma non dimentica le prime esperienze nella sua città. «Ho iniziato alla Pergola quando avevo solo dieci anni — ricorda — Strehler stava portando in scena Le Baruffe Chiozzotte di Goldoni, e sul palco c’erano dei bambini che cantavano e giocavano. Io ero lì, tutto è partito da quel palcoscenico » . L’amore per l’arte è nato in famiglia: suo padre, Alberto, è un pittore e in questi giorni le sue opere sono esposte al Cuculia di Firenze; suo zio è un noto light designer, ed ecco spiegata la sua passione e la maniacale attenzione alle luci.
Dopo la scintilla iniziale, non ha mai smesso: «Al mio liceo, il Michelangiolo, seguivo i laboratori di Arcangelo Tosto, ma intanto passavo ore a disegnare e suonavo vari strumenti; non sapevo ancora quel che volevo fare da grande». Sono poi arrivate altre occasioni — i corsi di Villa Fabbricotti, un lavoro col Living Theater, un periodo a New York — fino all’approdo alla Paolo Grassi di Milano, una delle tre grandi scuole di teatro in Italia.
«Mentre ero lì, ho cominciato a collaborare con la Civica Scuola di Musica e ho allestito con loro i Carmina Burana. Poi ho fatto subito un’altra opera a Como e da quel momento non mi sono più fermato». Allo Sferisterio di Macerata l’ha chiamato Francesco Micheli, il giovane direttore artistico che ha da poco affascinato Firenze col suo allestimento del mia figlia”, qui Rigoletto si limita a piangere “Ah, la maledizione”, attribuendo ogni colpa alle alte sfere».
Per il regista è emblematico il rapporto fra Rigoletto e Gilda, che a Macerata saranno interpretati da Vladimir Stoyanov e Jessica Nuccio, mentre il Duca di Mantova sarà il tenore star Celso Albelo: «C’è un forte conflitto alla base, per questo io li faccio stare distanti sul palco, anche nelle scene in cui in genere sono vicini e magari abbracciati». Tutto nasce dalla psicologia di Rigoletto, «un personaggio molto moderno, scisso fra la dimensione reale e quella ideale: tutti noi vorremmo fare una vita incontaminata ma poi agiamo in un modo diverso, nel protagonista queste due sfere entrano in conflitto».
Oggi Grazzini si divide fra Londra, dove lavora la sua compagna, e Milano, dove ha casa e dove si trasferì dieci anni fa per studiare regia. Nell’ultimo anno ha viaggiato dal Giappone alla Spagna, passando per Germania, Belgio e Francia. «Mi piacerebbe fare cinema — confessa — realizzare una graphic novel e lavorare alla produzione di dischi... Oddio mi interessano molte cose, forse saranno troppe?».
E Firenze? «È il luogo dell’infanzia, dei ricordi, degli amici, ci torno molto volentieri. Vedo che il Maggio Musicale Fiorentino si sta rinnovando e non è detto che non possa tornare anche per lavoro».