LE DUE RIPROVE DEL CASO SESTO
Lo scontro interno al Pd che rischia di portare Sesto al commissariamento non riguarda una questione secondaria. E non è una rissa di provincia. Sesto è una delle identità più forti che hanno contribuito al formarsi della grande area fiorentina moderna. Un’identità economica, sociale e politica: di questo dette conto uno dei cittadini illustri di Sesto, Ernesto Ragionieri, con la sua indimenticata Storia di un Comune socialista. Né si può dimenticare che nel corso del secondo dopoguerra una parte importante della classe dirigente della sinistra, non solo locale, traeva le sue origini proprio da Sesto. Perché ricordare tutto questo? Perché ciò che sta avvenendo può assumere significati di un valore che va molto oltre i confini della Piana. Partiamo da una prima considerazione: può darsi che incidano beghe e rancori personali nello scontro che oppone numerosi consiglieri comunali al sindaco eletto da appena un anno, ma ciò non può bastare a capire l’attuale situazione. Appaiono ancora una volta i limiti della classe dirigente che Renzi ha imposto attraverso la sua rapida ascesa: limiti di comprensione della realtà in cui si è poi trovata a operare e che non è facilmente governabile solo con gli schemi di quel decisionismo e di quella spregiudicatezza che hanno consentito il successo dell’ex sindaco di Firenze. Le tradizioni, gli umori, il retaggio storico di un mondo che può sembrare limitato (invece assai consolidato), talora richiedono uno spessore politico senza il quale è facile andare incontro a contrasti insanabili.Sul fronte opposto, e cioè quello in cui militano gli otto ribelli, non è invece difficile scorgere una tendenza esistente anche sul piano nazionale. Una parte del Pd che progressivamente si sente alternativa al percorso che Renzi ha finora imposto, ritiene maturo il tempo (per quello che succede in Italia e in Europa) per tentare di riconquistare il potere all’interno del partito, o di fondarne un altro che occupi lo spazio che, a loro avviso, si starebbe liberando alla sinistra del Pd stesso. Riappare la vocazione scissionista di una sinistra che, secondo gli schemi dell’antico massimalismo, preferisce buttare giù una propria amministrazione e convergere con il centrodestra piuttosto che cercare di condizionare l’altra sinistra, quella che si può definire riformista. Non è un caso che il conflitto sia esploso qui (prima che altrove), viste le forti tradizioni politiche. Anche se il massimalismo non è mai stato la caratteristica vincente di Sesto. Né di quel Pci che per decenni ne è stato il protagonista indiscusso..