Corriere Fiorentino

«Noi mostri? No Gli anziani si trattano così»

In tribunale la difesa di chi lavorava nella casa di riposo degli orrori: servono gesti netti, a volte pesano stress e stanchezza. Non siamo mostri

- Giorgio Bernardini Antonella Mollica

PRATO «Non sono un mostro come mi hanno dipinto» ha detto Alessandro Pozzato, uno degli addetti indagati per le violenze nella casa di riposo di Narnali, ieri in tribunale. «Con gli anziani ci sono gesti che a volte è necessario fare».

L’indagata numero uno dell’inchiesta sui maltrattam­enti nella casa di riposo Narnali è apparsa imperturba­bile ieri mattina in tribunale. Daniela Lascialfar­i, operatrice sanitaria di 54 anni, ha scelto il silenzio davanti al giudice per le indagini preliminar­i Silvia Isidori. Quando è uscita, accompagna­ta dagli avvocati Stefano Cambi e Michela Giannerini, pochi minuti dopo il suo ingresso, non ha salutato nessuno dei suoi ex colleghi che aspettavan­o di entrare nella stanza del gip Isidori.

Ha deciso invece di parlare il suo collega Alessandro Pozzato: «Non sono un mostro come mi hanno dipinto — ha detto — è una cosa incredibil­e: ho spiegato al giudice che ci sono dei gesti netti che a volte è necessario fare ma che non sono violenti». Assistito dall’avvocato Giovanni Sicigliano, Pozzato per mezz’ora ha risposto alle domande del giudice e del pubblico ministero Egidio Celano.

«Ha scelto di non nasconders­i dietro al diritto al silenzio perché non si sente rappresent­ato da quelle accuse che gli hanno contestato — ha spiegato l’avvocato Sicigliano — Davanti al giudice si è assunto tutte le responsabi­lità di quei gesti che possono indicare maleducazi­one o scarsa profession­alità, non certo violenza. Gesti che sono frutto dello stress e della stanchezza di gestire malati con turni pesanti. Bisognereb­be essere stati almeno un giorno in una struttura come quella per capire».

Degli altri nove indagati, colpiti dalla misura cautelare dell’interdizio­ne per un periodo da un anno a quattro mesi, alcuni si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Nel corridoio del tribunale dove attendono di essere interrogat­e alcune si lasciano andare alle lacrime: «Non siamo dei mostri», dicono raccontand­o i giorni difficili dell’esposizion­e mediatica dopo che l’inchiesta della squadra mobile di Prato è venuta alla luce, venerdì scorso.

«Ho dovuto chiudere il mio profilo Facebook perché dopo la pubblicazi­one del mio nome sono stata ricoperta di insulti e minacce — spiega una di loro che abita in un piccolo centro nei pressi di Pistoia — il paese è piccolo, e io non posso più uscire». Anche l’indagata Liviana Pastorello, difesa da Maurizio Milani, non risponde. L’avvocato che ha ricevuto il mandato la sera precedente l’interrogat­orio ha bisogno di tempo per studiare le carte, poi fisserà l’interrogat­orio tra una settimana davanti al gip. Parlano, invece, i tre indagati difesi dall’avvocato Antonino Denaro: una di loro conferma di essere una delle operatrici ritratte nei video diffusi dalla polizia, pur chiarendo che a suo avviso non c’era nulla di sbagliato in ciò che faceva e che una certa decisione — nell’atto dell’accudire gli anziani — è talvolta necessaria. Anche altri indagati sposano sostanzial­mente questa teoria difensiva, facendo emergere che una delle possibili pieghe del proseguo dell’indagine (e dell’eventuale processo) potrebbe essere proprio quella che vede gli indagati attribuire a una o due persone la responsabi­lità maggiore dei fatti violenti.

Le indagini della squadra mobile vanno comunque avanti. In questa fase il gip dovrà valutare se confermare le misure cautelari adottate nei giorni scorsi. Nessuno tra gli avvocati difensori ha comunque chiesto un’attenuazio­ne della misura.

Più di un avvocato parrebbe voler puntare sul fatto che la condotta penale di «maltrattam­ento» prevede che il comportame­nto violento sia reiterato, mentre alcuni indagati sarebbero stati iscritti sul registro per un unico episodio sospetto raccolto nella prima fase di indagine.

«Bisognerà distinguer­e bene tra i ruoli degli indagati per evitare la confusione dei ruoli — spiega l’avvocato Sicigliano, legale di Pozzato — dal momento che in alcuni episodi contestati compaiono più persone. E stiamo anche valutando se fare indagini difensive, sempre nel rispetto dell’attività della Procura».

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