NO, CON I I NONNI NON SI FA COSÌ
L’ospizio choc, le frasi degli indagati e qualche riflessione. Sulle nostre scelte, discutibili
«Con gli anziani si deve fare così » . C’è tutto l’abbrutimento dei nostri giorni nella frase pronunciata davanti al gip da uno degli indagati della casa di riposo degli orrori a Narnali. Quelli ripresi dalle telecamere nascoste della polizia — sottolinea ancora il suo avvocato — «sono gesti che possono indicare maleducazione o scarsa professionalità, non certo violenza».
Come se non fosse già violenza la mancanza di rispetto - in qualsiasi forma - per un essere umano indebolito dagli anni e dalle malattie. Parole fredde e pesanti come un pezzo di marmo che - ed è questo l’aspetto più preoccupante - non rappresentano solo una linea difensiva ma i tratti di una sottocultura che sta pian piano rosicchiando ciò che rimane delle reti sociali nelle nostre città e nei nostri paesi. Lo scriveva Eugenio Tassini sul Corriere Fiorentino di domenica scorsa, il nostro mondo non prevede più un ruolo per gli anziani. Ma non solo. Perché a dirla tutta il nostro mondo non prevede un ruolo per tutti quelli che sono fuori dal cosiddetto ciclo produttivo: neanche per i bambini, per i giovani disoccupati, per chi è malato. Al massimo riusciamo a pensare a qualche misura assistenziale, giusto per sentirci a posto con la coscienza. Allora ecco le case di riposo (ma forse sarebbe meno ipocrita definirle di accompagnamento alla morte), le ludoteche dove parcheggiare i figli, i corsi di formazione-illusione e così via. Eppure la vera rivoluzione in questo momento sarebbe (ri)partire proprio dalle esigenze di chi (a torto) è considerato debole, quindi “inutile”. E qui entra in gioco la politica. Non può funzionare una società dove passato (gli anziani) e futuro (bambini, giovani) vengono messi ai margini in una sorta presente senza sogni e senza memoria. L’indice di felicità e di benessere non è costituito - come vorrebbero i burocrati della moneta unica - da aspetti macro economici. O almeno non solo. Nella progettazione delle città, nella costruzione delle reti di trasporto pubblico, nel ripensare alle forme di welfare, perfino nel dibattito, spesso sterile, sulla rappresentanza democratica non si può non partire da una domanda: quanta attenzione c’è alle esigenze dell’infanzia, dei giovani e della cosiddetta terza età? Certo, mettere al centro della proposta politica bambini e anziani significa anche ripensare ai tempi e ai modi delle relazioni sociali di chi nel mondo produttivo ci è entrato. Ma forse è l’unica strada per arginare il pericoloso partito del “con loro si deve fare così”.