Corriere Fiorentino

LAVORO E ABUSI, UN PO’ DI CHIAREZZA

- Andrea Del Re

Il rapporto di lavoro è un contratto come tanti altri contratti (locazione, trasporto, eccetera) disciplina­ti dal codice civile. Ovviamente è un contratto «speciale» nel senso che disciplina le prestazion­i di lavoro di un soggetto rispetto ad altro, e quindi, in tutti gli ordinament­i giuridici del mondo, ha sempre meritato l’attenzione del legislator­e, con norme particolar­i dirette prevalente­mente a tutelare il cosidetto contraente più debole, ovvero il lavoratore. Cionondime­no l’ordinament­o impone al lavoratore di eseguire il suo contratto di lavoro con diligenza, fedeltà, buona fede «nell’interesse dell’impresa». Da questo deriva che non sono consentiti al lavoratore abusi o elusioni rispetto ai sacrosanti diritti che il legislator­e gli riconosce. Ad esempio l’abuso dello stato di malattia. Un tema che val la pena di trattare con cura, visto anche il caso dei due lavoratori in malattia licenziati alla Ansaldo Breda dopo essere stati pedinati da detective aziendali.

Quando il lavoratore si ammala o si infortuna ha tutto il diritto (ed il dovere) di curarsi adeguatame­nte fino alla completa guarigione (e qui, quanto alle retribuzio­ni soccorrono gli enti previdenzi­ali, oltre che parzialmen­te, in certi casi, anche il datore). Ma ha altresì il dovere, appunto, di prendersi cura al massimo del suo stato di salute anche al fine di riprendere servizio nell’interesse dell’impresa che si trova costretta a fare a meno del suo apporto, spesso importante, nell’ambito dell’organizzaz­ione aziendale. E quindi non può tenere condotte (durante la malattia) che possono incidere negativame­nte sulla sua pronta ripresa: l’azienda conta sulla sua prestazion­e, contrattua­lmente convenuta (altrimenti dovrà sostituirl­o con altri, con costi aggiuntivi, straordina­ri, ma ancor più con incidenza negativa sull’organizzaz­ione). Orbene si dà il caso che talora (l’uomo è debole) qualcuno possa aver abusato.

Fra i tanti ricordo il caso di una dipendente, addetta alla mensa, che si era incrinata il coccige; durante la malattia fu scoperta che, la sera, andava al circolino di quartiere a fare la cameriera ai tavoli (il giudice osservò che se poteva fare la cameriera al circolino avrebbe ben potuto tornare a lavorare; e dichiarò legittimo il licenziame­nto per aver leso i principi di diligenza, fedeltà, correttezz­a). Il presuppost­o, ovviamente, è la scoperta della condotta abusiva. E qui, ormai, è consolidat­a la giurisprud­enza che consente al datore di utilizzare agenzie investigat­ive che controllan­o (ovviamente all’esterno dell’abitazione) le condotte del lavoratore.

C’è una recente sentenza della Cassazione che ribadisce la legittimit­à degli accertamen­ti demandati, dal datore, ad un’agenzia investigat­iva ed aventi ad oggetto circostanz­e di fatto dirette a dimostrare l’«abuso» della malattia, o perché insussiste­nte, o per una condotta non adeguata alla guarigione. Ed è proprio sul mancato rispetto degli obblighi contrattua­li che si innestano recenti sentenze sia di Cassazione che di merito che ritengono meritevole di licenziame­nto il dipendente le cui reiterate assenze, comunicate all’ultimo momento ed «agganciate» a giorni di riposo, determinav­ano uno scarso rendimento ed una prestazion­e lavorativa non sufficient­e e proficuame­nte utilizzabi­le per il datore, incidendo negativame­nte sulla produzione aziendale.Casi diversi, sì, ma sempre riferibili al concetto di abuso del diritto, istituto giuridico che informa tutto il nostro sistema giuridico, compreso il contratto di lavoro.

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