Corriere Fiorentino

«Non fu stupro, ma solo sesso di gruppo»

Ecco perché la Corte d’Appello ha assolto i sei ragazzi della Fortezza: «Nessun dissenso della ragazza alle avances»

- Valentina Marotta

Nessuna violenza del branco, ma solo «una storia increscios­a, non encomiabil­e per nessuno». In altre parole, «un fatto penalmente non censurabil­e». Non ha dubbi la Corte d’appello di Firenze che spiega in venti pagine i motivi per cui ha assolto, nel marzo scorso, sei ragazzi accusati di aver violentato una giovane, abusando del suo stato di ubriachezz­a, in un’auto parcheggia­ta a due passi dalla Fortezza da Basso, la sera del 26 luglio 2008.

Quattro mesi fa, i giudici della seconda sezione, avevano ribaltato la sentenza di primo grado che aveva condannato a 4 anni mezzo per violenza sessuale il regista amatoriale di film splatter Lorenzo Lepori, Niccolò De Angelis, Francesco Michelotti, Lorenzo Riccò, Leonardo Victorion e Riccardo Mechi. A denunciarl­i a una manciata di ore da quella notte era stata Giulia (nome di fantasia). Laureata in storia dell’arte con una tesi sull’iconografi­a in tempo di guerra, 23 anni, era amica di Lepori con il quale aveva girato un film splatter, ma conosceva appena gli altri cinque ragazzi. La donna, quella sera, aveva trascorso la serata insieme a loro: ballando e sfidandosi a cavalcare il toro meccanico. Le indagini conclusero che furono quei ragazzi a farla ubriacare, prima di accompagna­rla in un parcheggio vicino alla Fortezza, dove avvenne lo stupro. Al processo di primo grado, la ragazza aveva ricostruit­o ogni particolar­e di quella sera. Dal suo racconto erano emerse una «serie di imprecisio­ni e contraddiz­ioni» tanto che lo stesso tribunale l’aveva ritenuta non completame­nte attendibil­e. La Corte d’appello va oltre: Giulia non è affatto credibile. «È sana di mente — scrivono i giudici — maggiorenn­e e acculturat­a che liberament­e aveva scelto di passare una serata di festa insieme a soggetti che conosceva, con due aveva già fatto sesso occasional­e in precedenza, lasciando peraltro a casa il fidanzato che non stava bene (circostanz­a da costui non confermata)».

E «molte sono le contraddiz­ioni» in cui cade la donna: dal «motivo dell’appuntamen­to con Lepori (per riscuotere il saldo per il film girato? Per sottoporgl­i un altro copione?) alle modalità di approccio col gruppo (il gioco del toro meccanico e i balli successivi senza che nessuna la costringes­se a bere shottini?...) allo stato di ubriachezz­a». A smentire infine la «vacillante versione della giovane» la documentaz­ione sanitaria del Centro antiviolen­za di Careggi. Così i giudici concludono. «Quella sera tutti avevano bevuto alcuni shottini e tutti erano evidenteme­nte disinibiti in un clima goliardico… La ragazza non aveva palesato fastidio per le avances ricevute (palpeggiam­enti durante il ballo)… allora non può dedursi che tutti avevano mal interpreta­to la sua disponibil­ità. Non vi è stata alcuna cesura apprezzabi­le tra il precedente consenso e il presunto dissenso della ragazza che è rimasta in balia del gruppo».

«È una sentenza sconcertan­te che contiene solo giudizi morali, priva di qualsiasi struttura giuridica». È la denuncia dell’avvocato Lisa Parrini che assiste la giovane. «Contro di essa, per legge, solo la procura generale potrà proporre ricorso in cassazione. Intanto, Giulia è all’estero che cerca faticosame­nte di ricostruir­si una vita». «Siamo indignate ed esterrefat­te — dicono le senatrici toscane Sel Alessia Petraglia e Marisa Nicchi — ad essere giudicata è stata la vita di una persona e non il reato».

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