E in piazza della Passera addio a negozi e botteghe
Piazza della Passera, ora di pranzo. Un gruppo di affamati turisti discute sul ristorante in cui fermarsi: cucina bio o tradizionale? Un gazpacho o un piatto di interiora? O forse è meglio un gelato rinfrescante, dato che la temperatura ha raggiunto picchi elevatissimi e anche all’ombra si boccheggia? Poco più in là, seduti su una panca, Giovanni, classe 1930, e Arturo, di cinque anni più giovane, assistono, quasi divertiti, alla conversazione, poi il primo guarda in faccia il secondo e dice: «Ma ti ricordi quanti artigiani e botteghe c’erano in questa zona? Lapo i’bronzista che fine ha fatto? E quelle due ragazze che vendevano il cachemire? Guarda, oramai anche codesta piazza è diventata una mangiatoia».
E già, questo piccolo fazzoletto d’Oltrarno, noto nei secoli passati per i suoi costumi lascivi e per quei due famosi bordelli frequentati da nobili e popolani, nell’arco di circa 30 anni ha completamente cambiato il suo volto. E quelle botteghe artigiane e quei negozi che costellavano sia la piazza che le stradine attorno sono soltanto un lontano ricordo. Ma qualcuno ancora cerca di resistere, anche se con grandi difficoltà: «Sa qual è il vero problema di questa zona? Il costo dei locali e degli studi. Per 30 metri quadrati ti chiedono anche mille euro al mese. Qui, aprire un esercizio commerciale che non sia un bar o un ristorante non conviene perché piazza della Passera è vista da tutti come il luogo in cui andare a mangiare». Ma c’è anche chi, come Francesca, titolare di Mirta Effe, un negozio di abbigliamento di via dello Sprone, che ha fatto della ricerca il suo mantra, ha deciso di gettare la spugna. A fine luglio tirerà giù il bandone per trasferirsi in via dei Conti: «Ho aperto 5 anni fa ma con il passare del tempo mi sono resa conto che in questa zona, oramai, sopravvivi solo se ti occupi di food, altrimenti soccombi».
Al posto di Francesca arriverà la sorella, Rita, che a settembre, in quello stesso fondo, aprirà un bar in cui verranno serviti prodotti bio, come formaggi, vino, bevande fermentate e altri piatti. E con la libreria di quartiere, dell’indipendente Edizioni Clichy, che dal prossimo autunno sarà in via Maggio, «organizzeremo eventi che avranno al centro piazza della Passera». Sempre a settembre, in via dello Sprone verrà inaugurata anche una «succursale» della Ditta Artigianale, celebre Coffebar di via dei Neri. Insomma, diversificare l’offerta commerciale in piazza della Passera, e nelle strade che la circondano, è un’ipotesi che ormai non viene neanche presa in considerazione, «perché se vuoi fare cassa è questa la strada da seguire». Fiorenza Bartolozzi, titolare dello storico laboratorio Bartolozzi e Maioli (frequentato da De Chirico e Visconti), guarda la piazza di oggi e cerca di fare un raffronto con quella che era qualche decennio fa: «Al posto del 5 e Cinque c’è stato prima un solarium e poi un atelier d’arte, invece dove ora c’è il tapas bar Carmen c’era un negozio di maglieria in cachemire, dove c’è la Gelateria della Passera lì c’era lo storico alimentari della zona, aperto negli anni ‘40 e chiuso con l’arrivo della Conad e, infine, la trattoria-tripperia Il Magazzino era, per l’appunto, un nostro magazzino. Il bar degli artigiani, invece, venne inaugurato negli anni ‘70, mentre la trattoria dei Quattro Leoni è aperta da un secolo e mezzo». Fiorenza ha frequentato queste strade fin da bambina, perché il babbo decise di stabilire il suo studio qui già negli anni ‘30, «è stato lui a portare gli artigiani in piazza della Passera: acquisiva lavoro in tutto il mondo e poi lo dava in appalto ai maestri fiorentini. Purtroppo con il tempo sono quasi tutti scomparsi».
Ma se oggi piazza della Passera è ordinata e pulita lo si deve a Stefano Di Puccio, titolare dei Quattro Leoni. «Quando arrivai qui era pieno di auto, si spacciava e c’erano quattro cassonetti sempre stracolmi di immondizia. Guardi ora, questo posto è il nucleo del quartiere. Non sono molto contento che sia diventato una “mangiatoia”, ma bisogna pur adeguarsi ai tempi e al mercato. Io, per esempio, per combattere la crisi dal 2009 rimango aperto dalla mattina a mezzanotte». Rosa, 75 anni, ha sempre abitato con la sua famiglia in via Toscanella: un paio di anni fa sua figlia aveva pensato di aprirci una cartoleria, ma lei l’ha convinta a desistere perché, dice, «qui se non proponi prodotti di gastronomia non ci campi. Questa è Firenze oggi, come ti giri trovi un vinaino, un ristorante o una paninoteca. S’è persa la nostra identità. Ma ce ne faremo una ragione».