Enologo in manette: è uno stalker
La ex è la titolare dell’azienda vinicola. Offese, minacce e pedinamenti anche alle fiere all’estero
Addirittura le si presentò davanti alla Fiera del vino di Dusseldorf e a quella di Verona. La seguì fino a lì dove lei — titolare di un’azienda vinicola — si trovava per lavoro. Per la Procura «atti persecutori che divenivano sempre più frequenti così costringendo la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita». Ecco perché i carabinieri della Compagnia di Oltrarno hanno arrestato un noto enologo, fiorentino di 57 anni, per stalking: lui non accettava la fine della loro relazione. Adesso l’uomo si trova agli arresti domiciliari nella sua abitazione fiorentina.
Più che altro la fine di questa storia, avvenuta nel febbraio scorso, lui l’aveva presa male. Talmente male da inviarle anche 20 messaggi al giorno e di spedirle mail dai toni offensivi e minacciosi. Messaggi come: «Non ti libererai di me. Io non ti mollo. Ti inseguirò sempre. Ti massacrerò, ti renderò la vita impossibile» . O anche: « Ti brucio, vedrai cosa succede alla tua azienda» . Non parole al vento, secondo gli inquirenti: la magistratura inquirente ritiene che sia l’enologo ad aver incendiato il portone d’ingresso della limonaia dove ha sede l’azienda vinicola, anche se il gip Dolores Limongi spiega che «l’episodio necessita di ulteriori approfondimenti».
Di fatto, per gli inquirenti, l’enologo ha fatto di tutto per rendere la vita impossibile alla sua compagna. Al Vinitaly — anche stando ad alcuni testima moni — l’uomo l’aveva seguita, spiandola da dietro alcune colonne. E la sera stessa la donna aveva trovato i pneumatici della sua macchina completamente squarciati. Come se non bastasse, riassume il gio, «al suo ritorno a casa da Verona, aveva trovato la porta di casa che dà accesso al giardino scassinata, nessuno sembrava essere entrato».
«Te sarai mia per sempre» , le aveva scritto più volte negli sms. E di sicuro nella testa dell’indagato quella relazione non era finita, perché l’uomo continuava a seguirla e a spiarla, come quando le scriveva via sms che sapeva che stava giocando a tennis o che era in compagnia con altre persone a casa sua.
Una situazione intollerabile, tanto che la donna il 26 maggio scorso lo aveva convocato in azienda anche per interrompere il loro rapporto di lavoro. Ma lui, per tutta risposta, l’aveva afferrata per un braccio. «Ho paura che diventi violento se lo licenzio», aveva poi raccontato ai carabinieri. coordinati dal sostituto procuratore Sandro Cutrignelli, che in queste settimane hanno raccolto tutte le denunce della vittima e poi hanno fatto le indagini per chiarire la vicenda.
La valutazione del gip Limongi, in tal senso, è chiaro: «Nonostante la scarsa gravità dell’episodio in sé per sé considerato, stante la tenuità delle conseguenze fisiche, esso dimostra un significativo aumento di aggressività dell’indagato, che dalla violenza verbale e dai pedinamenti ossessivi passa al contatto fisico della vittima, allo scopo di costringerla ad ascoltare le sue insistenti richieste di riprendere la relazione, con conseguente innalzamento del livello di tensione, tale da impedire alla vittima anche di interrompere definitivamente il rapporto professionale, temendo un’esplosione di violenza».
Il giudice per le indagini preliminari ha anche disposto che l’arrestato non possa «comunicare in nessun modo» con la vittima.