L’inviato dei Medici? Mecenate in trasferta
San Pietro Martire, inquisitore domenicano del ’200 ucciso dagli eretici, rappresentato tradizionalmente in una cruenta iconografia con una roncola infitta nella testa, comparve in sogno a Pigello Portinari (1421-1468), responsabile del Banco Mediceo a Milano, e gli ingiunse di realizzare una cappella, in cui dentro un prezioso reliquiario sarebbe stata conservata la sua testa. Ubbidì, dando inizio a grandi lavori, portando con sé un soffio impetuoso della Firenze rinascimentale. L’importante uomo di economia e politica era giunto nelle terre lombarde nel 1452, nel quadro delle alleanze del nuovo signore Francesco Sforza con i Medici. Si considera che l’impresa grande da lui commissionata alla chiesa di Sant’Eustorgio, di fronte alla quale su un’alta colonna sta l’immagine del santo, fosse compiuta nel 1468. Pigello portava modelli fiorentini a Milano, commissionando però artisti locali: autore degli affreschi fu Vincenzo Foppa. Le raffigurazioni che ripercorrono vicende e miracoli del santo a cui è dedicata la cappella, vennero cancellati dall’intonaco, forse nel ’700, e riscoperti solo nel 1868. Nel 1871 Agostino Caironi eseguì un restauro «garibaldino», intervendo a forza in vari punti del dipinto. La figura di Pigello rimane nella magnifica tavola tardogotica, di pittore anonimo, che lo presenta inginocchiato di fronte al santo. Un’opera da poco restaurata da Anna Lucchini, col supporto della Fondazione Atlante.