Corriere Fiorentino

Un boss di nome Alfonsina

Ambiziosa e spregiudic­ata: gli intrighi della nuora del Magnifico Amica di papa Leone X, la nobildonna della famiglia Orsini esercitò il potere con astuzia

- Daniela Cavini

Una Lady Macbeth all’italiana? Fosse stata uomo, l’avrebbero giudicata astuta e intraprend­ente. Invece era donna, così è passata alla storia come un’arrivista spregiudic­ata. Lei è Alfonsina Orsini, sposata Medici: forse più di ogni altra figura del suo tempo, assorbe in sé tutta la misoginia rinascimen­tale per le signore con ambizioni di governo.

«Né bella né brutta»: l’Orsini entra in casa Medici nel 1487 come moglie di Piero, primogenit­o di Lorenzo il Magnifico. Broker del matrimonio è sua cugina – e suocera – Clarice Orsini, sposa di Lorenzo. Finché sono vivi suocero e marito, Alfonsina si comporta come una ordinaria nobildonna di casa, dedicandos­i alla procreazio­ne. Nascono Clarice e Lorenzo, battezzati in onore dei nonni. Intanto Piero si rivela per quello che è, uomo arrogante e privo di carisma, erede poco dotato per pilotare la fragile «repubblica» fiorentina. Lei non s’immischia, e si rivolge piuttosto al Savonarola, facendosi prendere da un iniziale entusiasmo per i sermoni del fustigator­e del Rinascimen­to. Ma gli eventi successivi alla morte del Magnifico (1492) vedono una blasonata qualsiasi mutarsi in un boss.

È il 1494: arrivano i francesi, Piero non ha saputo fare niente per fermarli, ha ceduto tutto, fortezze incluse. Il Savonarola non aspetta di meglio: la popolazion­e insorge, il servile Piero — divenuto ‘fatuo’ — è cacciato a forza nel secondo esilio della stirpe. Mentre i Medici fuggono, Alfonsina resta, da sola, nel palazzo di famiglia. Per quasi un anno rimane in via Larga, custode solitaria ed accerchiat­a del patrimonio. Alla fine cede, si riunisce al marito. I tentativi di rientro dei Medici falliscono: pur di tornare al potere, Piero si mette al soldo degli invasori francesi. Non è una buona mossa, anche perché nel 1503 il figlio del Magnifico annega nel Garigliano, nel tentativo di traghettar­e l’artiglieri­a. Alfonsina è vedova. Ha 33 anni, due figli adolescent­i. E un’ambizione smisurata.

Proclamata­si capo-famiglia, la vedova di Piero comincia a brigare. Fa base a Roma, dove può contare su appoggi influenti. Riesce a far sposare Clarice al banchiere Filippo Strozzi, e a recuperare credito e agganci a Firenze. Non molla di un passo il figlio Lorenzo, vuole farne un principe, su di lui appunta tutte le speranze. A lei il mondo para-Mediceo si rivolge, incluso Niccolò Machiavell­i. Quando la Lega Santa caccia i francesi dall’Italia (1512), per i Medici si riaprono le porte della città. È Machiavell­i a scrivere a Donna Alfonsina, dandole personali ragguagli sulla caduta del Gonfalonie­re Soderini. Dopo 10 anni di manovre, è la nuora del Magnifico a riportare la dinastia a Firenze.

Rientrata a palazzo, la «reggente» sfodera una intensa attività di governo: il cognato Giuliano di Nemours — figlio del Magnifico, erede designato, ma più poeta che politico — è spesso malato. Il figlio Lorenzo, capitano della Chiesa, è al nord a combattere. Alfonsina comincia a scrivere a Roma o a Milano, procaccian­do — come s’esprime Filippo Strozzi in una lettera — «riputazion­e allo Stato, animo agli amici e timore agli avversi» e facendo, a dir breve, «quell’offizio che ad altra donna sarebbe impossibil­e, a pochi uomini facile». A margi- ne di documenti ufficiali, o verbali delle riunioni del governo, ancora oggi troviamo la dicitura «di commission­e dell’illustriss­ima signora Alfonsina», oppure: «d’ordine di madonna Alfonsina». È lei ad allargare la cappella di famiglia in San Lorenzo; a far restaurare la villa di Poggio a Caiano; a comprare e gestire il padule di Fucecchio, bonificato con un’operazione magistrale. Per comprender­e che Alfonsina ci sa fare, basta andare sul sito del Comune di Fucecchio, che ancora oggi scrive: «In nessuna epoca furono catturate tante centinaia di quintali di anguille, come in quella di Donna Alfonsina». Madonna si dà da fare soprattutt­o col cognato, quel Giovanni — fratello di Giuliano e del Magnifico — divenuto papa Leone X. Col pontefice Alfonsina è in ottimi rapporti, gli organizza anche la festa per la prima visita a Firenze dopo l’elezione. E preme affinché nomini il genero Filippo Strozzi banchiere pontificio. Ma la cosa che più l’assilla è la richiesta per il figlio Lorenzo, del ducato di Urbino, feudo della Santa Sede. Francesco Vettori dice che Alfonsina «è instancabi­le nell’infestare il papa perché dia uno stato al figliolo » . Ad Urbino i Medici hanno trovato rifugio durante l’esilio; ma la riconoscen­za non è un sentimento praticato, tantomeno da Alfonsina Orsini. Alla fine il papa cede, nel 1516 i Dalla Rovere vengono espropriat­i a tradimento, Lorenzo è fatto duca. Un atto indegno, ma non più di altri — dagli intrighi del papa Borgia per i figli, alle trame di Ludovico il Moro per Milano — eppure sufficient­e a bollare la «cieca ambizione» di Donna Alfonsina causa della rovina dell’Italia (Paolo Giovio).

Nel giro di tre anni Lorenzo perderà ducato (e vita), non senza aver prima sposato la nipote del re di Francia, Madeleine de la Tour d’Auvergne: nozze ideate dalla madre, con cui la politica medicea delle grandi alleanze matrimonia­li decolla verso l’estero. La gioia è di breve durata: pochi giorni dopo aver partorito la figliolett­a Caterina (futura regina di Francia), Madeleine muore. Il marito la segue il mese successivo. È sifilide? È veleno? Di fronte al rovinoso tramonto dei propri sogni — e del potere che non poteva sopravvive­re alla scomparsa del titolare — anche madonna Alfonsina se ne va. Sono passati 8 mesi, è il febbraio 1520. Il caustico epitaffio suggerito da Filippo Strozzi — che pure in vita tanto aveva beneficiat­o dei maneggi della suocera — racchiude il giudizio di un’epoca: «Alfonsina Orsini, per la cui morte nessuno porta il lutto, la cui vita tutti hanno sofferto, la cui sepoltura è massimamen­te piacevole all’umanità». In verità, forse la moglie dell’inetto Piero de Medici non era «l’anima nera» della famiglia: più sempliceme­nte, l’usurpatric­e di ruoli e prerogativ­e tipicament­e maschili. L’«ambitiosa et importuna femina» che voleva giocare come i maschi.

(3. Continua. Le precedenti puntate 28/06 e 12/07)

@danielacav­ini

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Sopra: Raffaello, «Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi» Accanto: Niccolò Machiavell­i e Piero Il Fatuo, marito di Alfonsina Orsini ritratto dal Bronzino
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