Corriere Fiorentino

Le quattro vite del «Loco». E una lettera

Vargas saluta così: «Cari fratelli viola, avrei voluto chiudere qui la carriera»

- Antonio Montanaro antonio.montanaro@rcs.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Sei anni, venticinqu­e gol e una marea di tatuaggi su quei 183 centimetri di muscoli che — a dire il vero — in alcuni momenti della sua storia in viola un po’ mollicci lo sono anche stati. «Avrei voluto chiudere la carriera nella città che mi ha adottato, spero di restare nei vostri cuori quanto la maglia viola e Firenze rimarranno nel mio», scrive «El Loco» sul suo profilo Instagram a poche ore dal suo sbarco a Siviglia, sponda Betis.

Sei anni si diceva, durante i quali non si è visto un solo Juan Manuel Vargas, ma almeno quattro (più il famoso cugino che il 23 gennaio del 2011 guidava il Porsche Cayenne capottato al Poggio Imperiale). Per sintetizza­re: il fenomeno che nei primi due anni (2008-2009) alla Fiorentina incanta tutti con un sinistro elegante e potente, con cross precisi per la testa degli attaccanti (soprattutt­o Gilardino), con saette imparabili da trenta-quaranta metri; il giocatore normale che gioca sia da terzino che da esterno alto, passando dai sette ai quattro in pagella al ritmo di una baciata; il fantasma appesantit­o dalle notti brave e dagli intrighi d’amore (in Perù per mesi le riviste hanno insistito sulla love story con la conigliett­a di Playboy Tilsa Lozano); infine il calciatore trentenne recuperato da Montella, in grado di essere leader in campo e nello spogliatoi­o, indossando più volte la fascia di capitano.

Tutto e il contrario di tutto, insomma. «Mi piacerebbe recitare in un film di gangster», ha raccontato qualche mese fa durante un’intervista doppia con il pugile Bundu per Fiorentina. E la faccia del duro ce l’avrebbe pure, ma la sua unica arma è sempre stata quel sinistro forte, preciso, in grado si bruciare i guantoni di qualsiasi portiere. E corsa, tanta corsa, elagante come quella di una pantera. A Firenze è arrivato nell’estate del 2008 da Catania, 12 milioni di euro e la voglia di consacrars­i nel calcio che conta con Prandelli in panchina. Insieme ai vari Mutu, Frey, Gilardino è stato uno dei punti fermi di una Fiorentina bella ed esaltante, capace di andare a vincere ad Anfield e di uscire dalla Champions solo per colpa dello scandaloso arbitraggi­o di Ovrebo.

«Cari fratelli viola», comincia così il suo messaggio che ieri ha fatto il giro dei social, rilanciato anche dai profili ufficiali della Fiorentina. Quasi a voler ribadire la sua fedeltà alla religione gigliata, nonostante un addio di cui avrebbe volentieri fatto a a meno. « Tante emozioni abbiamo condiviso in questi anni con momenti felici e sicurament­e molto profondi. L’ultimo mio pensiero era dover scrivere questa lettera di saluti ma purtroppo le nostre strade si sono dovute obbligator­iamente separare. Il vostro calore e il vostro sostegno mi hanno aiutato nei momenti duri. credetemi ne farò tesoro per il prosieguo della mia carriera». Dopo aver trascinato il Perù al terzo posto in Copa America (sconfitto in semifinale dai padroni di casa del Cile), a Siviglia lo ha accolto Eduardo Macia, uno degli artifici — insieme a Montella — della sua rinascita. «Sono pronto ad affrontare con umiltà la nuova avventura», ha detto Juan Manuel ai media spagnoli. E chissà quanto «loca» sarà questa sua nuova vita.

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Juan Manuel Vargas, sei anni con la maglia della Fiorentina Bolide

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