Anche Balducci tra i testimoni del Novecento
TESTIMONI DI IERI E OGGI LE SCELTE DELLA DIOCESI
Anche don Milani tra i testimoni del Novecento della Chiesa fiorentina. E padre Balducci tra le esperienze che hanno segnato il secolo. Queste le scelte della Diocesi.
Quattro i «Testimoni del Novecento» che la Diocesi offre come contributo alla Chiesa italiana. E accanto alle figure indiscusse e da tempo nel cuore di tutta la città, anche di laici e non credenti, come il cardinale Elia Dalla Costa, l’uomo che disse no a Hitler, don Giulio Facibeni, il padre della Madonnina del Grappa, e Giorgio La Pira, il sindaco santo, c’è don Lorenzo Milani, il priore di Barbiana, la frazione dove fu mandato in «esilio» proprio da Dalla Costa, l’autore del libro « Esperienze pastorali» che fu fatto ritirare dal commercio dopo l’intervento della Santa Sede. Non solo, tra le figure che raccontano «realtà ed esperienze sociali e culturali a Firenze» è stato scelto padre Ernesto Balducci, voce spesso dissonante, mandato da Firenze a Roma dal Santo Uffizio e più volte criticato dal vescovo di Firenze e da quello di Fiesole per le sue prese di posizioni, anche politiche.
E se il nuovo rapporto tra gerarchie ecclesiastiche con don Milani non è di oggi — l’arcivescovo Silvano Piovanelli nel 1986 visitò a Barbiana la tomba del suo ex compagno di seminario, nell’aprile 2014 il cardinale Giuseppe Betori spiegò che «per “Esperienze pastorali” non c’è più nessuna proibizione da parte della Chiesa e torna a diventare un patrimonio del cattolicesimo italiano e della Chiesa fiorentina» e un mese dopo Papa Francesco lo ha definito nel suo discorso al mondo della scuola «un grande educatore» — il riconoscimento del ruolo di padre Balducci mostra la volontà della Diocesi di ricucire le tensioni del Novecento. Di unire in un quadro plurale, alla luce della Chiesa di oggi, quella chiesa e quella realtà civile e sociale che Giovanni Benelli, nel suo discorso di insediamento nel luglio 1977 così descrisse: «Parlando della mia nomina la stampa ha accennato a certe difficoltà ed asprezze della Chiesa fiorentina. Carissimi, per me non ci sono né difficoltà né asprezze, ci sono figli che io voglio amare. C’è solo questo popolo singolarissimo che siete voi. Pace alle anime e nelle anime. Pace che fa della città e della diocesi non una somma di aperture particolari o di singole anche nobili esperienze, ma una unità vivente nella stessa trama di varianti, invenzioni, avventure spirituali». Benelli era arrivato in riva all’Arno dopo la sofferta vicenda di don Milani — con il suo libro ritirato dal commercio nel 1958 e il processo per «apologia di reato» per un articolo su Rinascita «L’obbedienza non è una virtù» in cui difendeva l’obiezione di coscienza (il sacerdote assolto in primo grado, morì nel 1967 prima della sentenza di appello) — dopo il processo a padre Balducci per lo stesso motivo (e la sua condanna), dopo il caso di don Mazzi e della comunità dell’Isolotto, con padre Balducci che criticò don Mazzi ma anche il cardinale Florit, e non negò i problemi, invitando però tutti all’unione nel Vangelo e nella Chiesa. A Balducci Benelli nel febbraio ‘77, come sostituto alla segreteria di Stato, inviò una lettera privata nella quale elencava le critiche mosse da più parti alle sue posizioni e nel settembre successivo promosse un incontro tra la congregazione dei Religiosi e la congregazione per la Dottrina della fede per discutere della ortodossia di Balducci, confronto che si chiuse con la decisione di non procedere, e dalla Badia Fiesolana lo scolopio e fondatore della rivista «Testimonianze» continuò il suo impegno per la pace fino alla sua morte, nel 1992. Di lui, la scheda collegata alla Badia Fiesolana nei 30 luoghi dice «La presenza del teologo scolopio nella Firenze del seconda metà del Novecento e la permanenza del suo insegnamento nel presente» e proprio per la persistenza della sua eredità è stato inserito tra le realtà fiorentine.
Suo contraltare, in un certo senso, don Divo Barsotti «uno dei più importanti teologi e maestri di spiritualità del Novecento nella forma vissuta dei suoi figli», mentre i Testimoni del Novecento hanno una grandezza propria. Dalla Costa: «Maestro di formazione dei sacerdoti e promotore del laicato cattolico; un vescovo di fronte ai totalitarismi; l’opera di protezione e salvezza degli ebrei di un “Giusto tra le nazioni”». Don Facibeni: « Il cappellano nella Grande Guerra, il Padre degli orfani della guerra e la fondazione dell’Opera della Divina Provvidenza Madonnina del Grappa, l’Opera e l’accoglienza di poveri ed emarginati». La Pira: «La testimonianza del “Professore” nella vita politica italiana, nell’amministrazione della città, nell’attenzione ai poveri e ai giovani; accanto a lui Fioretta Mazzei e Pino Arpioni». Don Milani «Il sacerdote e l’uomo di Chiesa; nuove prospettive pastorali per una società in cambiamento; la centralità dell’azione educativa e il ruolo della scuola; il primato della coscienza». Protagonisti della «singolarissima» chiesa fiorentina.
Protagonisti Quattro figure chiave: il cardinale Dalla Costa, don Facibeni, il sindaco La Pira e don Milani