Corriere Fiorentino

«L’ho salvato, in ospedale mi ha abbracciat­o»

Parla il carabinier­e che ha soccorso un tunisino in Arno: ho fatto il mio dovere

- Valentina Marotta

Dopo il salvataggi­o, domenica sera, si sono ritrovati in ospedale, divisi da un separé. Da un lato, Fathi, tunisino di 41 anni in Italia con regolare permesso di soggiorno che si era lanciato nelle gelide acque dell’Arno dopo aver perso casa e lavoro, dall’altro il carabinier­e Claudio Cusanno che lo ha soccorso.

Stremati dal freddo, distesi nei lettini e legati alla stessa flebo, sono rimasti l’uno accanto all’altro fino a oltre mezzanotte in una corsia di Santa Maria Nuova. «Nel silenzio, ho sentito il pianto disperato di Fathi — racconta Cusanno — Mi ha abbracciat­o e poi ha chiesto perdono perché con il suo gesto ha messo a repentagli­o anche la mia vita. Non l’ho più visto: lui è ancora in ospedale, io, superata la crisi di ipotermia, sono ritornato a casa». Il carabinier­e Cusanno, una moglie, una figlia di sette anni e un passato da pallanuoti­sta, non si sente un eroe: «Ho solo fatto il mio dovere, anche se è la prima volta che soccorro una persona».

Domenica sera, è di pattuglia con un collega nell’Oltrarno. Sul ponte Vespucci, c’è un drappello di gente. «C’era chi si sbracciava per chiedere aiuto e segnalava un uomo in acqua che annaspava nel mezzo tra le due sponde. Non ho avuto esitazioni: ho tolto gli stivali e mi sono tuffato — racconta Cusanno ancora emozionato — L’acqua era nera e vischiosa, un collega mi guidava dalla riva mentre dal ponte mi indicavano con torce e cellulari il percorso più breve per raggiunger­e quell’uomo che galleggiav­a alla deriva ormai privo di sensi». Cusanno non si arrende: continua a nuotare in quell’acqua che diventa sempre più fredda. «Mi avvicinavo a Fathi ma la risacca mi spingeva verso riva. A quel punto ho chiuso gli occhi e ho moltiplica­to le forze. E finalmente l’ho afferrato».

Il ritorno però non è facile. «Fathi aveva i polmoni pieni d’acqua e galleggiav­a, mi sfuggiva. L’ho afferrato sotto le braccia e trascinato tenendogli la testa alta per impedire che bevesse ancora. Sferzavo l’acqua e mi avvicinavo lentamente. Mentre lo riportavo a riva gli parlavo, lo chiamavo. Gli dicevo di rimanere sveglio, di non mollare proprio ora perché eravamo vicini alla salvezza. Ormai era una sfida: dovevo portarlo a riva. Lì ad accoglierm­i c’erano i colleghi. Tirato su, Fathi respirava ma non parlava, non rispondeva agli stimoli».

Poco dopo arrivano l’ambulanza e i vigili del fuoco. La corsa in ospedale. «Quando i medici di Santa Maria Nuova mi hanno detto che era fuori pericolo, ho tirato un sospiro di sollievo». Per tre ore sono rimasti legati alla stesa flebo, parlando fitto tra loro. Da un lato Fathi dall’altro Claudio, divisi solo da un separé. «Non lo dimentiche­rò — ripete il carabinier­e — ma io ho fatto solo il mio dovere».

Ponte Vespucci Era privo di sensi, a ogni bracciata la risacca mi spingeva a riva alla fine l’ho afferrato

 ??  ?? I soccorsi in riva all’Arno
I soccorsi in riva all’Arno

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy