UN VANDALO (PER AMORE)
Èvero che, come diceva Nietzsche, «tutto quello che si fa per amore avviene al di là del bene e del male», e che di graffiti, soprattutto erotici, sono pieni anche i muri di Pompei. Ma imbrattare con una scritta di 20 metri quadrati il muro duecentesco della chiesa di Sant’Ambrogio per testimoniare un amore oltre tutto mal corrisposto è un po’ troppo. Specie se il maxigraffito è accompagnato da un contorno di immagini multicolori stranamente in tinta coi tavolini del caffè adiacente e la sua rimozione richiederà, oltre a un laborioso itinerario burocratico, una spesa non irrilevante, fra «sabbiatura» del muro e montaggio dei tubi Innocenti.
Al di là del fatto in sé, comunque grave, quanto avvenuto in Borgo la Croce due notti fa suscita qualche riflessione. La prima, più banale, è che l’imbrattamuri di Sant’Ambrogio ha potuto agire indisturbato non in una desolata periferia ma nel cuore della città, oltre che della movida, a pochi metri dal commissariato di San Giovanni e non lontano dal comando dei Carabinieri in via dei Pilastri. È il segno che gli stessi presidi della legalità non suscitano più timore reverenziale. Scritte sui muri prima col gesso, poi con la vernice e infine con le famigerate bombolette spray, nemiche dell’ambiente e del buon gusto, ce ne sono sempre state. Ma in questo caso sorprende la percezione dell’impunità, per altro smentita dai fatti, di chi ha compiuto lo scempio in pieno centro. La seconda è la tendenza, ormai diffusa, a legittimare comportamenti incivili con vocaboli mutuati dall’inglese, che ha ormai sostituito in questo campo il latino. Il vis grata puellae di Ovidio, cavallo di battaglia dei vecchi avvocati nei processi per violenza carnale, è stato da tempo mandato in pensione. Al suo posto però proliferano vocaboli come writer o tagger, che rischiano di conferire dignità artistica a quello che il comune sentire considerava un mero atto vandalico. Sia ben chiaro: nella sua esuberanza naïve, chi ha imbrattato per amore di una ventenne Borgo la Croce non si sentiva un emulo di Giotto e neppure di Banksy, Haring e altri graffiti artists. Come il Monsieur Jourdain di Molière faceva della prosa senza saperlo, così egli ha fatto inconsapevolmente della street art. Questo può renderlo più simpatico di molti saputi nipotini di David Alfaro Siqueiros, padre del muralismo moderno nonché killer mancato di Lev Trotskij. Per amore ha commesso un brutto sbaglio: se romperà il salvadanaio per mettervi riparo non sarà difficile perdonarlo. Come cantava Ornella Vanoni, «senza errori non si ha mai felicità»; l’importante è di non ripeterli.