Non avremo carezze Ma la città vivrà il fascino della rottura
Acidini: musei all’aperto, come è sempre successo
È positivo il progetto di esporre in questi spazi le opere di artisti riconosciuti del nostro tempo Ma anche noi abbiamo bravi artisti Spero che Koons non diventi un tormentone Mi auguro che ci sia una soluzione gradita da entrambe le parti e che si renda giustizia a questa esperienza
Le piazze possono essere luogo di ispirazione per gli artisti, come lo fu Santa Croce per De Chirico, che ebbe una «rivelazione» quando dipinse L’enigma di un pomeriggio di autunno. Oppure essere un’opera d’arte, come Piazza Santa Maria Novella, dominata dalla basilica e circondata da edifici di rara bellezza. O ancora ospitare opere di artisti contemporanei che si confrontano con il passato. «Firenze vuole andare oltre il 1600, e lo dimostreremo ancora una volta», ha annunciato il sindaco Dario Nardella presentando le mostre di arte contemporanea che avranno un unico comune denominatore: quelle piazze che, con la storia dell’arte, hanno sempre avuto un rapporto «particolare». «Piazza della Signoria è una vera e propria parata statuaria, intrisa di significati dinastici e identitari — ci racconta la storica dell’arte Cristina Acidini — dal David di Michelangelo, che simboleggia la resistenza della piccola città contro il grande nemico, al Perseo di Cellini che taglia la testa di Medusa. Tutte allegorie della città e del suo potere che predomina sul nemico che è vizioso, iniquo e deforme». Ma ci sono tanti altri esempi del connubio piazze e arte: come all’Annunziata, caratterizzata da una precisa simmetria indotta dal monumento equestre di Ferdinando I e dalle due fontane del Tacca ai lati che compongono un perfetto triangolo di bronzo all’interno dello spazio brunelleschiano. Penso anche a Santa Maria Novella con i due obelischi che servivano da mete nella corsa dei cocchi e che rappresentano anche la magnificenza dell’antica Roma che divide». E poi, piazza Santa Croce, «dove dall’Unità d’Italia ha sede la statua di Dante, simbolo della cultura dal 1200, il primo ad aver unificato l’Italia prima della politica». L’arte nelle piazze si esprime al più alto livello pubblico perché, è il ragionamento di Acidini, una piazza non è mai neutra ma fa parte di un discorso politico e sociale.
E «anche se qualcuno non se n’è accorto, Firenze è già immersa nella contemporaneità. Quindi, il fatto che opere d’arte di maestri riconosciuti del nostro tempo vengano esposte in piazza è una conferma di questo suo ruolo di aggiornamento e di apertura internazionale». Dunque Acidini giudica «positivo il progetto di Palazzo Vecchio, perché é in continuità con i nostri predecessori che hanno reso le piazze dei musei all’aperto. Da presidente dell’Accademia delle Arti e del Disegno sono favorevole che la contemporaneità trovi i suoi spazi, ma vorrei dire che non ci sono solo gli stranieri, a Firenze e in Toscana abbiamo tanti scultori». Infine esprime un desiderio: «Che la questione della statua di Koons non diventi un tormentone imbarazzante per tutti; il mio auspicio è che ci sia una risoluzione gradita da entrambe le parti e che si renda giustizia alla qualità di questa esperienza». E a chi ha definito Pluto e Proserpina un «pugno nello stomaco», risponde: «Perché pensa che le statue che metteranno nelle piazze siano carezze? Forse il grande ragno di Bourgeois sarà un altro pugno nello stomaco. L’arte contemporanea è anche questo: rottura e discontinuità».