LIBERATE I PARTIGIANI
È vero che non tutti quelli che parteciparono alla lotta di liberazione contro il nazifascismo erano dei campioni di liberalismo, ma è ancora più vero che il 25 Aprile segnò un punto di non ritorno per la nostra democrazia e l’inizio di una marcia che avrebbe portato il Pci a diventare uno dei pilastri del nostro assetto istituzionale, senza più inseguire le illusioni (tragiche) del socialismo sovietico. E democrazia, se non è imbroglio, ha un significato solo: libertà di idee e libertà di esprimerle. Che senso ha allora la polemica di questi giorni che sul referendum costituzionale di ottobre sta dividendo il Pd, l’Associazione dei partigiani e una fetta di opinione pubblica? Un’avvisaglia c’era stata all’indomani della partecipazione del vecchio partigiano fiorentino Silvano Sarti alla manifestazione per il Sì con Matteo Renzi al teatro Niccolini. La virulenza delle reazioni spinse Sarti a dichiarare che la sua presenza era stata strumentalizzata e che lui era schierato per la difesa della Costituzione così com’è. Una pagina imbarazzante, scritta senza tenere in alcun conto l’amicizia che lega Sarti al premier e fingendo sul piano politico di ignorare che c’è anche una parte del mondo ex comunista, tra circoli e associazioni (partigiani compresi), che sostiene Renzi. L’offensiva del vertice dell’Anpi contro il premier si giustificherebbe se in Italia ci fossero rischi di autoritarismo, ma è responsabile tradurre in ipotesi della realtà lla propaganda degli esponenti più accaniti del No? Allo stesso modo, perché tentare di dividere i partigiani in buoni e cattivi, come ha fatto Maria Elena Boschi? L’intento della ministra era evidente: rivendicare la validità di una riforma che vuole rendere più efficiente e aderente ai bisogni dei cittadini la Carta che coronò nel 1948 la Liberazione e i lavori della Costituente. Fatto è che le sue parole («I veri partigiani voteranno Sì») hanno fatto da contraltare all’autodafé del Sarti. Con gli effetti del caso. Il referendum sul divorzio, nel 1974, è entrato nella storia anche per la crescita di coscienza di un’Italia ancora poco avvezza a discutere di diritti individuali. Il referendum di ottobre ora dovrebbe far familiarizzare il Paese con l’idea che una Costituzione non è solo un manifesto di principii, ma la cornice e lo strumento per concretizzare obiettivi sociali, economici, culturali. Se a questo fine sarà meglio approvare la riforma oppure bocciarla lo decideranno gli italiani. In piena libertà. Anche gli italiani dell’Anpi, si spera.