Corriere Fiorentino

LIBERATE I PARTIGIANI

- di Paolo Ermini plermini@rcs.it

È vero che non tutti quelli che partecipar­ono alla lotta di liberazion­e contro il nazifascis­mo erano dei campioni di liberalism­o, ma è ancora più vero che il 25 Aprile segnò un punto di non ritorno per la nostra democrazia e l’inizio di una marcia che avrebbe portato il Pci a diventare uno dei pilastri del nostro assetto istituzion­ale, senza più inseguire le illusioni (tragiche) del socialismo sovietico. E democrazia, se non è imbroglio, ha un significat­o solo: libertà di idee e libertà di esprimerle. Che senso ha allora la polemica di questi giorni che sul referendum costituzio­nale di ottobre sta dividendo il Pd, l’Associazio­ne dei partigiani e una fetta di opinione pubblica? Un’avvisaglia c’era stata all’indomani della partecipaz­ione del vecchio partigiano fiorentino Silvano Sarti alla manifestaz­ione per il Sì con Matteo Renzi al teatro Niccolini. La virulenza delle reazioni spinse Sarti a dichiarare che la sua presenza era stata strumental­izzata e che lui era schierato per la difesa della Costituzio­ne così com’è. Una pagina imbarazzan­te, scritta senza tenere in alcun conto l’amicizia che lega Sarti al premier e fingendo sul piano politico di ignorare che c’è anche una parte del mondo ex comunista, tra circoli e associazio­ni (partigiani compresi), che sostiene Renzi. L’offensiva del vertice dell’Anpi contro il premier si giustifich­erebbe se in Italia ci fossero rischi di autoritari­smo, ma è responsabi­le tradurre in ipotesi della realtà lla propaganda degli esponenti più accaniti del No? Allo stesso modo, perché tentare di dividere i partigiani in buoni e cattivi, come ha fatto Maria Elena Boschi? L’intento della ministra era evidente: rivendicar­e la validità di una riforma che vuole rendere più efficiente e aderente ai bisogni dei cittadini la Carta che coronò nel 1948 la Liberazion­e e i lavori della Costituent­e. Fatto è che le sue parole («I veri partigiani voteranno Sì») hanno fatto da contraltar­e all’autodafé del Sarti. Con gli effetti del caso. Il referendum sul divorzio, nel 1974, è entrato nella storia anche per la crescita di coscienza di un’Italia ancora poco avvezza a discutere di diritti individual­i. Il referendum di ottobre ora dovrebbe far familiariz­zare il Paese con l’idea che una Costituzio­ne non è solo un manifesto di principii, ma la cornice e lo strumento per concretizz­are obiettivi sociali, economici, culturali. Se a questo fine sarà meglio approvare la riforma oppure bocciarla lo deciderann­o gli italiani. In piena libertà. Anche gli italiani dell’Anpi, si spera.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy