Nella casa disabitata arrivano i profughi Condominio in rivolta
Bagno a Ripoli, il progetto di una coop e il «no» dei vicini
BAGNO A RIPOLI C’è un solo terrazzino di via Zoli senza vasi e con le reti a proteggere dall’assalto dei piccioni. Da lì non si affaccia nessuno da almeno 25 anni, ma l’appartamento rimasto vuoto così a lungo è stato ora preso in affitto dalla cooperativa Cristoforo impegnata nell’accoglienza profughi e tra qualche giorno verranno ad abitarci sei richiedenti asilo, ragazzi sopravvissuti alla traversata del Mediterraneo sui barconi.
In questa tranquilla strada del quartiere di Sorgane al confine tra il Comune di Bagno a Ripoli e quello di Firenze la notizia, così sul momento, non è stata accolta bene e oggi all’incontro con il vicesindaco del Comune di Bagno a Ripoli, Ilaria Belli e i rappresentanti della cooperativa c’è chi promette battaglia: «In questa zona abbiamo già i rom accolti nella foresteria Pertini, c’è la moschea che raccoglie centinaia di persone nei giardini, che bisogno c’è di sistemare i profughi nelle case private?». Brevi scambi di opinioni sul pianerottolo di casa: «Perché non dare in affitto la casa a qualche famiglia italiana bisognosa?».
I trentatré appartamenti di via Zoli furono costruiti dall’Inps e assegnati per graduatoria ai suoi dipendenti (che hanno nel tempo riscattato e alcuni venduto le case). L’appartamento al numero 6 rimase vuoto quando uno dei dipendenti spazientito dalle tempistiche del riscatto fece causa all’istituto. Da allora quegli 80 metri quadrati, con tanto di riscaldamento centralizzato, sono rimasti alla mercé del tempo. I vicini hanno chiamato l’igiene pubblica quando gli escrementi dei piccioni hanno invaso il terrazzino (e prontamente è arrivata la rete), hanno inviato una lettera al sindaco di Bagno a Ripoli per denunciare lo spreco di quella casa vuota. Ma ora che l’appartamento tornerà ad essere abitato i vicini sono tutt’altro che tranquilli.
Qualcuno pensa già a un regolamento condominiale per sanzionare possibili disturbi della quiete e qualcun altro cerca di contattare i partiti di opposizione. Un ex dipendente Inps in pensione invece affronta la situazione con più serenità: «Se avessero deciso di sistemare qui una famiglia sarebbe stato meglio, avrebbero avuto possibilità di integrarsi, ma così rischia di diventare un porto di mare». «Spiegheremo — ribatte Belli — come viene organizzata l’emergenza e come lavora la cooperativa, che avrà rapporti costanti con i condomini ascolteremo le domande di tutti e risponderemo alle perplessità». La cooperativa Cristoforo spiega intanto che i sei ragazzi sono arrivati a luglio e hanno abitato insieme in questi mesi: «Tra loro c’è un bel clima».
Pro e contro «Metteteci una famiglia italiana». «Nessun problema, vivono insieme già da tempo»