Brexit... speriamo nel tè
L’incertezza delle imprese dopo l’addio del Regno Unito attraverso la storia esemplare del biscottificio Corsini, che dal Monte Amiata porta a Londra il 65% del suo export «Hanno rinunciato all’Europa, perché gli inglesi dovrebbero rinunciare anche al tè
L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea apre una lunga fase di instabilità Le incertezze delle aziende toscane raccontate attraverso una storia esemplare: quella del biscottificio Corsini che esporta il 40% delle sue produzioni, di cui il 65% proprio verso Londra. «Gli inglesi non cambieranno i loro gusti»
«Non vedo per quale motivo gli inglesi dovrebbero smettere di mangiare biscotti». È il venerdì nero della Brexit: mentre sulle piazze finanziarie di mezzo mondo si abbatte la tempesta pee le cancellerie europee sono in fibrillazione, Ubaldo Corsini risponde con pacatezza e garbo dalle pendici del Monte Amiata, a Casteldelpiano, dove la sua famiglia produce pane e biscotti dal 1921. «Fare valutazioni puntuali sulle conseguenze della Brexit è prematuro: non eravamo pronti, perché speravamo tutti che non accadesse», dice il presidente della Corsini Biscotti ragionando sull’uscita dall’Ue della Gran Bretagna, dove i biscotti che la sua famiglia produce dall’inizio del Novecento sono molto amati, soprattutto per accompagnare il rito del té delle cinque. Corsini Biscotti esporta all’estero il 40% della produzione e ben il 65% di questa quota è destinato al Regno Unito. Ubaldo Corsini riflette sull’incognita, ma non fa drammi: «Abbiamo iniziato a lavorare con l’Inghilterra quando ancora c’erano le lire. Ci vorranno almeno due anni per completare questo ‘divorzio’. Adesso non sappiamo come, quando e cosa cambierà esattamente: ma non vedo per quale motivo gli inglesi dovrebbero smettere di mangiare i biscotti». Soprattutto quelli che la sua famiglia produce da tre generazioni.
I cantucci Corsini, le specialità natalizie e pasquali, ma soprattutto i pasticcini per il té sono un culto in Inghilterra, dove la piccola azienda amiatina ha una quota di mercato che supera il 3% di tutti prodotti da forno esportati dall’Italia.
Nel Regno Unito i prodotti Corsini si trovano in piccoli negozi di vicinato e già da tempo nei supermercati Sainsbury. L’azienda negli ultimi anni ha potenziato la propria presenza con alcune persone impegnate nello sviluppo commerciale e adesso i biscotti di Casteldepiano si trovano anche negli esclusivi magazzini Harrod’s, oltre che in molte altre grandi catene di distribuzione.
Non a caso la Corsini Biscotti si è guadagnata anche una citazione sull’Economist, blasonato settimanale di informazione economica, pubblicato a Londra dal 1843.
«Export or die», esportare o morire è il titolo dell’articolo dedicato alle piccole aziende italiane attive nelle produzioni alimentari di qualità, che si apre raccontando come si fa un panettone Corsini.
Con il mercato interno crollato a causa della crisi, solo chi ha accesso ai mercati internazionali può sopravvivere, scrive il settimanale londinese.
Ubaldo Corsini conferma, e racconta: «La crisi iniziata nel 2008 ci ha fatto paura. Abbiamo potenziato le vendite all’estero per compensare il calo del mercato nazionale: grazie all’ampliamento del raggio commerciale abbiamo sostenuto la crisi, continuando a produrre senza neppure un licenziamento».
«Abbiamo una posizione solida sui mercati grazie al fatto che i nostri prodotti sono sinonimo di qualità, la qualità artigianale toscana: abbiamo una serie di specialità che possono solo essere importate, non si possono produrre in altri luoghi», dice ancora il presidente.
La scelta di puntare sulle esportazioni con prodotti di fascia alta, curati dalla materia prima fino alla confezione elegante, ha pagato: già nel 2010, a Cibus, Corsini Biscotti ricevette il prestigioso International export award per aver diffuso nel mondo l’eccellenza del made in Italy. Oggi la Corsini Biscotti ha cento dipendenti che arrivano fino a 130 nei picchi stagionali, un fatturato medio di 15 milioni l’anno, alcuni negozi monomarca in Italia, una linea di specialità che comprende pandoro e panettone, ricciarelli e panforte oltre, ovviamente, a migliaia di biscotti diversi. L’azienda è oggi alla terza generazione con i quattro figli del presidente tutti impegnati nella gestione, ed esporta in 25 paesi del mondo tra cui Europa, Stati Uniti, Giappone e Australia, con un occhio sull’Estremo Oriente.
Il panificio dei Corsini aprì a Casteldepiano nel 1921: c’erano anche un mulino e un negozio, iniziativa di Corrado e Solidea Corsini, i genitori del presidente Ubaldo. «Già a venti anni iniziai a occuparmi di quella che era ed è ancora oggi l’azienda di famiglia: io e mia moglie prendemmo le prime iniziative per aumentare la produzione dolciaria che aveva maggiori possibilità di essere venduta anche oltre i confini del paese. Nel 1960 partì lo sviluppo dell’azienda». Nel 1968 la produzione di dolci e biscotti viene separata dal forno e venti anni dopo, nel 1988, apre lo stabilimento di produzione che opera ancora oggi. Una storia di successo, esempio positivo del made in Italy di qualità che ha saputo resistere e crescere in mezzo a tante crisi, ormai da quasi un secolo. E che affronta l’ennesimo scossone con attenzione, ma senza psicodrammi.
Conclude il signor Ubaldo: «Gli inglesi non fanno colazione come noi, ma apprezzano molto biscotti e pasticcini da tè. Avranno le loro idee sull’Europa, ma perché dovrebbero improvvisamente perdere questa tradizione?».