I NOSTRI VECCHI BORGHI NASCOSTI DENTRO LA CITTÀ
Personaggi illustri, tabernacoli e lotte operaie: i centri di periferia prima della «grande Firenze»
Molti di loro erano Comuni autonomi, prima dei provvedimenti d’ingegneria amministrativa che fra l’epoca di Firenze capitale e gli anni Venti del secolo scorso accrebbero il territorio del capoluogo a spese delle comunità limitrofe.
Ma tutti possono vantare una loro storia fatta di personaggi illustri della storia reale e della finzione letteraria: da Amerigo Vespucci, nativo di una famiglia originaria di Peretola, a Chichibìo Cuoco, che la rischiò grossa per una gru cacciata dal suo padrone proprio nei pressi dell’odierno aeroporto, dal grande storico e bibliofilo Roberto Ridolfi, nativo del Galluzzo, a Sesto Caio Baccelli, lo «strolago di Brozzi», astronomo e cabalista noto per il celebre calendario. Sant’Andrea a Rovezzano, Badia a Ripoli, il Galluzzo, Mantignano, Settignano, Peretola e Brozzi sono tasselli di una grande storia, in cui lotte operaie e letteratura, badie medievali e case del popolo, manifestazioni folcloristiche come il gioco della «palla pillotta» e antichi palazzi s’intrecciano con le vicende del Comune che ha finito per annetterli.
Nel corso degli ultimi decenni, sia pure in diversa misura, anche questi centri storici della periferia, se ci si perdona l’ossimoro, hanno finito per appannare la propria identità o per vedere ridotta la propria capacità di richiamo. È il caso di Settignano, con i suoi fasti proto novecenteschi legati anche al soggiorno di Gabriele d’Annunzio: digitando «Capponcina» su Google appare per prima una pizzeria; il vecchio borgo non è più una meta abituale di passeggiate romantiche che si concludevano fra i cipressi di Vincigliata. E dire che proprio ai piedi del vecchio borgo, poco sopra la frazione di Ponte a Mensola dove ambientò le Sorelle Materassi, abitò a lungo un altro protagonista della letteratura italiana, quell’Aldo Palazzeschi che avrebbe lasciato la sua villa alle predilette suore di Santa Marta.
Sant’Andrea a Rovezzano conserva intatto il fascino dell’antica chiesa di Sant’Andrea, sopravvissuto agli interventi ottocenteschi, e ancor più dell’antico mulino, e lo stesso può dirsi di Mantignano con l’antica Badia; ma Peretola e Brozzi — note ai fiorentini d’un tempo per un’irridente rima baciata che le accomunava a Campi — sono ormai inglobate in una piana onnivora che fagocita identità e storia. In quanti sanno che la pieve di Santa Maria a Peretola ospita un capolavoro di Luca della Robbia, e che molte delle corti che si aprono sulle sue antiche strade costellate di tabernacoli risalgono al ‘300 e poco hanno da invidiare al martoriato centro storico del capoluogo?
Sono passati più di cinquant’anni da quando Raimondo Vianello, nel varietà televisivo Il Giocondo, si cimentava nella macchietta di Osvaldo Bracaloni, con battute come «le donne a Brozzi o le strozzi o le scarrozzi». Ma se oggi un comico dovesse interpretare un abitante di questa come di altre località della Piana dovrebbe rappresentarlo con gli occhi a mandorla. È ormai lontano il ricordo delle «trecciaiole di Brozzi e delle loro lotte di fine ’800. Di là d’Arno, Badia a Ripoli conserva una propria identità pur nel caos del traffico grazie all’omonima chiesa e alla locale Misericordia; ma il Galluzzo rischia di divenire un semplice luogo di transito. Vanta l’ombra solenne della Certosa e i quarti di nobiltà di una citazione dantesca, ma per la maggior parte dei fiorentini è un passaggio obbligato per raggiungere l’A1 o l’Autopalio. Gli edifici storici non mancano, a partire dal Palazzo del Podestà, ma chi è di passaggio ricorda soprattutto piazza Acciaioli: una piazza ancora in cerca d’autore, come tante periferie in attesa di recuperare un proprio centro di gravità.
Settignano Addio romanticherie, digitando Capponcina su Google il primo risultato è una pizzeria