Il guerriero buono se n’è andato mentre i suoi Bianchi vincevano
Il destino ha voluto così. Luciano Fici, storico calciante del Dopoguerra, se ne è andato proprio mentre i suoi Bianchi stavano giocando con gli Azzurri in piazza Santa Croce. Aveva 91 anni, aveva esultato per la semifinale vinta contro i Verdi e avrebbe voluto vedere anche la finale, ma le sue condizioni si sono aggravate e venerdì scorso si è spento, con i suoi sulla sabbia a giocarsi la partita decisiva. Sembra un segno: Fici, fiorentino verace e irruente, ha giocato al Calcio in Costume per vent’anni, dagli anni Cinquanta agli anni Settanta. Giocava per Santo Spirito. Una vera passione, nel segno della fiorentinità e dell’appartenenza al quartiere in cui era nato, nel cuore di San Frediano. Tra piazza Tasso e piazza del Carmine era cresciuto con i 12 fratelli e sorelle, sposandosi con Guerrina Nada, coltivando la passione per il calcio, per la Fiorentina e per quel gioco di Fiorenza che si gioca sul sabbione. A quei tempi si giocava in piazza Signoria, qualche partita anche a Boboli, poi Santa Croce. «Ma era tutta un’altra cosa» così diceva Luciano alla moglie e al figlio Simone. Lui raccontava che il Calcio Storico di una volta era meno violenza e più lealtà, meno botte e più gioco. Qualcosa di più simile al rugby, ripeteva. Alla fine delle partite vincitori e vinti si spartivano la vitella, la macellavano e la cucinavano insieme. «Mio padre mi raccontava che non c’era rancore, non c’era odio e non c’erano risse nei tornei di 50 anni fa — dice il figlio Simone — Certo, è sempre stato uno sport rude e mio babbo aveva il fisico per giocarlo, visto che faceva pugilato. Era uno sport combattivo e virile, ma non ho mai visto tornare mio babbo a casa con le labbra sanguinanti o con un ginocchio rotto». Un cambiamento radicale, tanto che «negli ultimi anni il babbo si era disincantato, non andava più in piazza. Gli era rimasta quella passione, ma non riconosceva più quella tradizione che aveva amato così tanto». «Era diventato un anziano mite», un vecchio saggio che si vestiva in ghingheri per andare da piazza Tasso al Duomo e tornare indietro, quasi tutti i fine settimana. «Camminava molto, giocava a bocce e stava con la mamma». Questi erano gli ultimi anni di Luciano Fici, guerriero buono dalla lunga vita, che ha combattuto fino alla fine. E che ha mollato mentre i «suoi» gioivano. Passando il testimone.