Corriere Fiorentino

Il guerriero buono se n’è andato mentre i suoi Bianchi vincevano

- di Jacopo Storni

Il destino ha voluto così. Luciano Fici, storico calciante del Dopoguerra, se ne è andato proprio mentre i suoi Bianchi stavano giocando con gli Azzurri in piazza Santa Croce. Aveva 91 anni, aveva esultato per la semifinale vinta contro i Verdi e avrebbe voluto vedere anche la finale, ma le sue condizioni si sono aggravate e venerdì scorso si è spento, con i suoi sulla sabbia a giocarsi la partita decisiva. Sembra un segno: Fici, fiorentino verace e irruente, ha giocato al Calcio in Costume per vent’anni, dagli anni Cinquanta agli anni Settanta. Giocava per Santo Spirito. Una vera passione, nel segno della fiorentini­tà e dell’appartenen­za al quartiere in cui era nato, nel cuore di San Frediano. Tra piazza Tasso e piazza del Carmine era cresciuto con i 12 fratelli e sorelle, sposandosi con Guerrina Nada, coltivando la passione per il calcio, per la Fiorentina e per quel gioco di Fiorenza che si gioca sul sabbione. A quei tempi si giocava in piazza Signoria, qualche partita anche a Boboli, poi Santa Croce. «Ma era tutta un’altra cosa» così diceva Luciano alla moglie e al figlio Simone. Lui raccontava che il Calcio Storico di una volta era meno violenza e più lealtà, meno botte e più gioco. Qualcosa di più simile al rugby, ripeteva. Alla fine delle partite vincitori e vinti si spartivano la vitella, la macellavan­o e la cucinavano insieme. «Mio padre mi raccontava che non c’era rancore, non c’era odio e non c’erano risse nei tornei di 50 anni fa — dice il figlio Simone — Certo, è sempre stato uno sport rude e mio babbo aveva il fisico per giocarlo, visto che faceva pugilato. Era uno sport combattivo e virile, ma non ho mai visto tornare mio babbo a casa con le labbra sanguinant­i o con un ginocchio rotto». Un cambiament­o radicale, tanto che «negli ultimi anni il babbo si era disincanta­to, non andava più in piazza. Gli era rimasta quella passione, ma non riconoscev­a più quella tradizione che aveva amato così tanto». «Era diventato un anziano mite», un vecchio saggio che si vestiva in ghingheri per andare da piazza Tasso al Duomo e tornare indietro, quasi tutti i fine settimana. «Camminava molto, giocava a bocce e stava con la mamma». Questi erano gli ultimi anni di Luciano Fici, guerriero buono dalla lunga vita, che ha combattuto fino alla fine. E che ha mollato mentre i «suoi» gioivano. Passando il testimone.

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Luciano Fici in due foto d’epoca (a sinistra, messo a terra dall’avversario e, sotto, mentre solleva un polverone)
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