UN RILANCIO ALLA FIORENTINA
Matteo Renzi è senza dubbio di fronte a ostacoli rilevanti che possono condizionare il presente e il futuro della sua vicenda politica. Il risultato deludente delle amministrative e i guai provocati da Brexit mettono il premier davanti a sfide vere, anche se l’appuntamento davvero cruciale per lui (ma anche per l’Italia e per l’Unione Europea) sarà il referendum di ottobre sulla riforma costituzionale.
Nel momento di maggiore difficoltà l’ex sindaco di Firenze deve giocarsi le sue carte migliori. Per questo Renzi dovrebbe tornare con la memoria agli inizi della sua ascesa, quando cominciò la corsa per Palazzo Vecchio e poi al modo i cui gestì il successo, per costruire la propria personalità di uomo di governo sul piano nazionale. Si trattò da subito di un’intuizione che, in maniera inconsueta, legava l’esperienza locale a un’ambizione politica più larga, legata a un progetto di cambiamento nazionale. Un progetto di riforma che investiva in primo luogo il Pd, per conquistarne la guida, e che poi comportava la conquista del governo, con al centro un audace tentativo (per quanto discutibile) di trasformazione dell’Italia, delle istituzioni, dell’economia e della società. Una strategia con più tappe che di per sé prevedeva la tecnica del rilancio continuo, anche nei momenti di sconfitta e con l’accettazione dei rischi conseguenti. Oggi, mutatis mutandis, Renzi sembra essere a un nuovo inizio: il referendum può segnare una sua sconfitta irreversibile, ma può accadere il contrario. Il drammatico stallo europeo chiama i leader dei diversi Paesi a una responsabilità straordinaria. E questo vale in particolare per l’Italia. Se Renzi fosse in grado di cogliere l’opportunità che l’Europa del dopo Brexit offre per ricalibrare i rapporti di forza potrebbe segnare un punto decisivo, mostrando i benefici interni e internazionali delle riforme avviate dal suo governo. L’allargamento al nostro premier del consueto direttorio a due franco-tedesco (Merkel e Hollande), valutato con una certa sufficienza da molti osservatori, è una novità che fa ben sperare. Le riforme sono indispensabili perché l’Italia possa ripartire, ma anche contare di più nel confronto coi partners, per tentare di arrivare a un’Europa diversa, in modo tale da isolarne le spinte disgregatrici largamente diffuse ovunque. E’ una partita delicata, certamente. Renzi potrà vincerla o perderla, ma non può tirarsi indietro, accettandone tutti i rischi. Così come fece nel 2009, con quel modello fiorentino che oggi può tornargli utile.