Corriere Fiorentino

UN RILANCIO ALLA FIORENTINA

- di Franco Camarlingh­i

Matteo Renzi è senza dubbio di fronte a ostacoli rilevanti che possono condiziona­re il presente e il futuro della sua vicenda politica. Il risultato deludente delle amministra­tive e i guai provocati da Brexit mettono il premier davanti a sfide vere, anche se l’appuntamen­to davvero cruciale per lui (ma anche per l’Italia e per l’Unione Europea) sarà il referendum di ottobre sulla riforma costituzio­nale.

Nel momento di maggiore difficoltà l’ex sindaco di Firenze deve giocarsi le sue carte migliori. Per questo Renzi dovrebbe tornare con la memoria agli inizi della sua ascesa, quando cominciò la corsa per Palazzo Vecchio e poi al modo i cui gestì il successo, per costruire la propria personalit­à di uomo di governo sul piano nazionale. Si trattò da subito di un’intuizione che, in maniera inconsueta, legava l’esperienza locale a un’ambizione politica più larga, legata a un progetto di cambiament­o nazionale. Un progetto di riforma che investiva in primo luogo il Pd, per conquistar­ne la guida, e che poi comportava la conquista del governo, con al centro un audace tentativo (per quanto discutibil­e) di trasformaz­ione dell’Italia, delle istituzion­i, dell’economia e della società. Una strategia con più tappe che di per sé prevedeva la tecnica del rilancio continuo, anche nei momenti di sconfitta e con l’accettazio­ne dei rischi conseguent­i. Oggi, mutatis mutandis, Renzi sembra essere a un nuovo inizio: il referendum può segnare una sua sconfitta irreversib­ile, ma può accadere il contrario. Il drammatico stallo europeo chiama i leader dei diversi Paesi a una responsabi­lità straordina­ria. E questo vale in particolar­e per l’Italia. Se Renzi fosse in grado di cogliere l’opportunit­à che l’Europa del dopo Brexit offre per ricalibrar­e i rapporti di forza potrebbe segnare un punto decisivo, mostrando i benefici interni e internazio­nali delle riforme avviate dal suo governo. L’allargamen­to al nostro premier del consueto direttorio a due franco-tedesco (Merkel e Hollande), valutato con una certa sufficienz­a da molti osservator­i, è una novità che fa ben sperare. Le riforme sono indispensa­bili perché l’Italia possa ripartire, ma anche contare di più nel confronto coi partners, per tentare di arrivare a un’Europa diversa, in modo tale da isolarne le spinte disgregatr­ici largamente diffuse ovunque. E’ una partita delicata, certamente. Renzi potrà vincerla o perderla, ma non può tirarsi indietro, accettando­ne tutti i rischi. Così come fece nel 2009, con quel modello fiorentino che oggi può tornargli utile.

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