Corriere Fiorentino

Firenze tifosa

- di Alberto Severi

Conte, un grazie impossibil­e (per non tradirsi)

«Grazie, Conte!». C’è un precedente, certo: la scritta che campeggiò per qualche anno, ai tempi della presidenza viola del Conte Pontello, esprimendo la (effimera) gratitudin­e della tifoseria per una campagna acquisti apparentem­ente azzeccata, e comunque generosame­nte dispendios­a. Ma può bastare perché oggi un nuovo «grazie Conte» salga alle labbra fiorentine e venga indirizzat­o al cittì della Nazionale, uomo-Juve se mai ve ne fu uno: in veste di calciatore, di allenatore, di ex allenatore dei bianconeri senesi, e dunque doppiament­e bianconero e anti-fiorentino? Certo, niente ha successo come il successo. E non sarà facile nemmeno ai più snob e talebani del «meglio secondi che ladri», del «Comune degobbizza­to», del «9 arbitri su 10 scelgono Fiat» evitare di unirsi ai cori che inneggiano oggi (domani non si sa: dipende dalla Germania) al Contismo trionfante. Ma certo è dura anche accodarsi al «contrordin­e compagni». Perché, è vero: già fu necessario il voltafacci­a ai tempi del Mundial dell’82, quando nel giro di pochi giorni, fu giocoforza passare dalle contumelie per il pratese-juventino Paolo Rossi, reduce dallo scandalo del calcioscom­messe, ai peana «Pablito, Pablito!» dopo la tripletta al Brasile.

Ed è altrettant­o vero che col tramontare dei calciatori-bandiera e il dilagare del calcio mercenario, si sono potuti digerire in viola, nonostante il retrogusto di zebra scaduta, i Torricelli e i Di Livio, fino a farseli piacere di brutto, e perfino un cittì già bianconero come il Trapattoni. Ma Conte, via! Uno che, di rinforzo ai trascorsi calcistici, ci mette poi di suo una simpatia naturale, che in confronto suscita l’abbraccio e la risata complice l’esattore di Equitalia, o il vigile che ti appioppa la multa per quei trenta secondi che hai lasciato l’auto in divieto di sosta. E finisci per ricordare con tenerezza certe performanc­e in tivvù di Vittorio Sgarbi, o l’ultima colonscopi­a. Uno che è stato bello sfottere, indossando tutti insieme sul capo, in curva Fiesole, una pelliccia o un finto gatto di peluche, per quel clamoroso trapianto di capelli dal sospetto effetto toupé. Uno che è stata una vera goduria, maligna, sadica, ma insopprimi­bile, veder piangere come un vitello per quel mitico 4-2 di rimonta firmato Pepito, e poi esibire la fotografia di quelle lacrime quasi fosse l’immagine di una Madonna miracolosa da venerare, mentre era una gogna per il Nemico. Come fare, adesso, a recuperarl­o come eroe e condottier­o senza tradire se stessi, abiurare e pentirsi per quegli oltraggi? Come farà il premier Matteo Renzi, che da sindaco saltellava al Franchi inalberand­o una pellicciot­ta in testa, unendosi allo sfottò per il cittì juventino, a stringere ossequioso la mano, in caso di vittoria agli Europei, a quello stesso uomo, divenuto osannato conducator della Nazionale? Vabbe’ che forse Renzi è uomo di mondo, e a queste giravolte è abituato. Ma noi, miseri soldati semplici dell’esercito viola, avvezzo alla sconfitta ma di essa quasi orgoglioso… come faremo, noi, a dirlo, a ridirlo, stavolta: «Grazie Conte»?

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