Quel tocco d’azzurro, in più
Grinta, applicazione, difesa, organizzazione: a Parigi è tornato di moda il calcio italiano Sousa lo ha sofferto alla sua prima stagione, ora dovrà farci i conti. Magari con l’aiuto di Berna
La via allora c’è. Vincere, convincere e fare innamorare un popolo è possibile anche se non hai top player da capogiro. Anche se i tempi di Baggio, Totti e Del Piero sono il passato e anche se alla vigilia del torneo tutti ti consideravano poco più di una comparsa. L’EuroItalia di questo periodo ne è la dimostrazione.
Conte ha distrutto la Spagna con l’aggressività, l’organizzazione e lo spirito di gruppo che hanno portato Giaccherini a sovrastare Iniesta, Pellé a battere il quasi omonimo (e pluridecorato) Piquè e perfino De Sciglio a fare un figurone al contro gli esterni di Del Bosque. Un trionfo che ha fatto il giro del mondo e che sembra un spot perfetto per rilanciare pure le ambizioni viola. Anche chi non ha monte ingaggi faraonico infatti, anche chi ha pochi soldi da spendere e una rosa limitata può credere nell’impresa: «Podemos» per dirla alla spagnola. Sousa in fondo, vincente nato e ansioso di trasportare la sua mentalità vincente in viola, l’aveva detto più volte: «Sognare è bello, diamo tutto senza limiti».
Alla sua Fiorentina però, spettacolare, cinica e vincente nel girone d’andata, è mancata convinzione, autostima e carica emotiva nella seconda parte di stagione. Qualità che invece gli azzurri di Conte incarnano alla perfezione: «La Fiorentina ha finito per essere prevedibile», ha spiegato Cesare Prandelli al Corriere Fiorentino qualche settimana fa, una logica tattica alla quale si è unita la sempre più scarsa motivazione (dal sogno scudetto, i viola si sono trovati fuori dalla corsa Champions) e il conseguente sfaldamento dell’alchimia squadra-città che era stato il valore aggiunto autunnale.
Colpa certo anche della scarsa abitudine a vincere, che il blocco Juve e lo stesso Conte trasmettono agli altri azzurri in nazionale e che a Firenze manca dai tempi in cui Di Livio e Torricelli cambiarono, in pochissimo tempo, la mentalità di una squadra intera. Ecco allora che l’acquisto di Giaccherini sarebbe importantissimo per il futuro viola. Lui, soldatino inesauribile del «Contismo», diverrebbe il primo ufficiale del maresciallo Sousa e contribuirebbe a portare quella «cultura della vittoria» che a Firenze manca a squadra e ambiente. Giak o no, Paulo però potrà contare su un’arma in più: Berna infatti tornerà dall’esperienza francese più forte, più maturo e più consapevole (anche delle difficoltà).
Dal bunker azzurro di Montpellier allora, il gioiello viola dovrà tornare con ben impresse nella mente le immagini della grinta di De Rossi, dello spirito di Buffon e dell’applicazione di Bonucci. Per aiutare la Fiorentina a crescere ed evitare il crollo che solo pochi mesi fa, ha rischiato di incrinare il futuro di Sousa a Firenze.