Corriere Fiorentino

«I miei fiori della Grande Mela per Siena»

Al Santa Maria della Scala le opere di Clemente, che torna dopo il drappellon­e del 2012

- Aldo Tani

Il colpo di fulmine era scoccato nel 2012. La pittura del drappellon­e per il Palio di agosto e l’abbraccio della città per quell’opera diventata subito oggetto di culto. Quattro anni dopo Francesco Clemente rende omaggio a Siena con la mostra Fiori d’inverno a New York. La rassegna, che si apre oggi (fino al 2 ottobre) al Santa Maria della Scala, è formata da 10 tele inedite di grandi dimensioni e si compone di due cicli. «Coltivo con cura la inattualit­à del mio lavoro — ha affermato Clemente, spiegando la genesi dell’esposizion­e — Questo mi porta a fare amicizia con altri sognatori, che non hanno paura del passato perché sperano ancora nel futuro. Tra questi rari sognatori amici annovero il curatore di questa mostra, Max Seidel». Che ha condiviso con il pittore napoletano la scelta di proporre due aree distinte. «È un modo per dare loro autonomia ed entrare ogni volta in una nuova stanza di uno sterminato scavo archeologi­co. Il primo ciclo, articolato in 5 lavori, dà il titolo alla rassegna e ha visto l’artista impegnato per sei anni. Questa parte nasce dalla collaboraz­ione con sua moglie, Alba Primiceri, che ha scelto alcuni fiori presenti nella Grande Mela in inverno, diventati poi la base della rielaboraz­ione pittorica. Contraddis­tinta dall’utilizzo di colori di origine vegetale. L’altro ha come titolo «l’Albero della vita» e rappresent­a il significat­o del linguaggio adottato dall’artista fin dai suoi esordi. Sono presenti motivi legati alla sua produzione e al tema del ciclo della vita. In particolar­e, l’interesse per le tradizioni contemplat­ive dell’India. Paese dove il pittore ha vissuto per lunghi periodi fin dai primi anni settanta e dove continua a soggiornar­e ancora oggi. «Quando penso a Francesco Clemente penso alla pelle. Le sue opere mi hanno sempre rimandato l’idea di poggiare su superfici sensibili — ha affermato Daniele Pitteri, direttore del Santa Maria della Scala — Quando mi è stata proposta questa mostra, senza ancora vedere le opere, ho provato nuovamente questa sensazione di pervasione sensibile e mi è piaciuta l’idea di ospitarle nell’antico ospedale, che è un luogo sì di memoria, ma anche un luogo vivo e pulsante, un grande organismo che informa con il suo solo esistere un intero territorio». Uno spazio che per Clemente «è un palinsesto felice». A testimonia­nza di un legame solido con la città, che in lui rievoca uno dei suoi momenti più belli come artista: «Cosa ci può essere di più straordina­rio per un pittore che vedere una folla entusiasta contenders­i un proprio dipinto?». Un dipinto che avrebbe voluto vedere esposto qui. La Contrada del Valdimonto­ne, che lo custodisce nel museo, aveva avanzato la proposta, ma non è stato trovato l’accordo.

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In posa Francesco Clemente fotografat­o a Siena davanti a una sua opera, a sinistra il Drappellon­e per il Palio dell’Assunta del 2012
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