PIEDONE IL TOSCANO
Ha cavalcato (volato) in tutto il mondo, anche prima di fare l’attore, l’ardito Carlo Pedersoli, che se ne è andato a 87 anni (Napoli, 1929) nel pomeriggio di lunedì.
È stato giustamente pianto con lunghi articoli su tutti i giornali d’Italia. Al cinema, come si sa, si faceva chiamare Bud Spencer, ma era conosciuto anche col nome dei suoi personaggi: Bambino, allegro cavaliere da saloon e prateria, accanto allo svelto Trinità (l’amico Terence Hill); o Piedone, sbirro senza paura, Bulldozer, campione di football americano e via continuando fra eroi e spensierati avventurieri.
Dopo una magnifica gioventù da campione e giramondo, la carriera è fatta di grandi successi popolari e una lunga indifferenza critica, dettaglio che nella lunga maturità un po’ lo amareggiava. Era un «gigante buono», ma fiero. I giornali di ieri hanno riportaliante to qualche suo sfogo arrabbiato: «In Italia io e Terence semplicemente non esistiamo. Non ci hanno mai dato un premio, non ci invitano neppure ai festival». Non era del tutto esatto. Qualche premio lui e Terence l’avevano vinto: il David alla carriera (2010)e nel 2006, il «Primo Piano sull’autore», di Assisi . Me lo ricordo bene, in quella pur festosa occasione, burbero e piuttosto accigliato, per niente concipotenti con i recensori superbi. Questo per dire che il «gigante» aveva un carattere forte e non lo nascondeva.
La Toscana (salvo mie dimenticanze ) non ha mai reso omaggio a Carlo Pedersoli. Che pure, da alcuni anni si era comprato una casa con un piccola tenuta dove produceva un buon vino (solo per sé e la famiglia) fra la campagna e il mare, vicino a Grosseto. E il particolare viene segnalato in rete, fra le attrattive del luogo, insieme al verde e a una piscina, da un albergo della zona. «Per dirla in breve: Bud Spencer è il vostro vicino, se volete passare qui le vostre vacanze». Un’ottima pubblicità. Essendo attore da lotta e avventura, Bud Spencer ha girato pochi film «toscani».
Uno, Lo chiamavano Bulldozer (1978), tutto girato nei dintorni di Camp Darby, la base Usa vicino a Livorno, e a Firenze Fuochi d’artificio (1997) il terzo film di Leonardo Pieraccioni. Bulldozer prendeva il titolo dal nome del protagonista, e Bud menava botte da orsi come nelle storie di Trinità e Piedone. La trama era semplice: un marinaio solitario, ex campione di football americano era costretto a fermarsi per un’avaria nel porto di Livorno. Qui si scontrava subito contro i soldati americani che facevano i precosterebbe con i ragazzi del luogo. Dopo aver sfidato un sergente autoritario in una memorabile gara a braccio di ferro, Bulldozer guidava i ragazzi di Livorno in una partita di football contro i militari. Quando la gara sembra persa, l’ex campione lascia i panni del mister e rientra in campo in una sorta di fuga verso la vittoria. Il tutto abbastanza prevedibile ma il match, scandito da schiaffoni e colpi proibiti contro i superbi yankee, è divertente. E sono carini gli sfondi, il porto di Livorno, Marina di Pisa, Tirrenia e Viareggio.
Più breve ma assai brillante è l’apparizione in Fuochi d’artificio, un balletto sugli equivoci del cuore come nelle corde di Leonardo Pieraccioni, che fu conquistato dalla gentile disponibilità per una comparsata della celebre star (definizione che magari mi un sonoro schiaffone). Bud è Gandhi, un chitarrista cieco ingaggiato da un Massimo Ceccherini innamorato per una serenata rap. E Gandhi canta a piena voce: «Affacciati alla finestra amore mio perché stasera ci sono anch’io». Finito di cantare il menestrello se ne va con una battuta scintillante, ispirata a Susanna Tamaro, a quei tempi sulla cresta dell’onda, «vado dove mi porta il cane».
Mi viene da immaginare Bud Spencer, portato dal cane, ai giorni nostri nel centro di Firenze, in piazza del Duomo già devastata dai mille negozi per turisti. Davanti all’ipotesi di costruire un nuovo Mac Donald, probabilmente il pur «angelico Bambino» si arrabbierebbe. Perché si sa, gli angeli non amano gli hamburger, preferiscono mangiare i fagioli.