Corriere Fiorentino

«Via Valfonda è da rifondare»

La vicepresid­ente di Confindust­ria: «Con la crisi di Firenze congelata l’elezione del vertice regionale. Pieni poteri a Pacini» Mansi e lo strappo di Messeri: «Sugli sgabelli ha ragione, ora un leader e non una toppa»

- di Mauro Bonciani

«Confindust­ria Firenze è attraversa­ta da profonde divisioni e deve rifondarsi. Non serve una toppa, ma una soluzione solida». Antonella Mansi parla dopo le dimissioni di Massimo Messeri dalla guida dell’associazio­ne e spiega: «Pacini torna presidente non prorogato».

Antonella Mansi, manager della Nuova Solmine, gruppo che opera nella chimica di base, è stata presidente di Confindust­ria Toscana ed è vicepresid­ente di Confindust­ria nazionale. Punto di riferiment­o del sistema associativ­o, tanto da essere scherzosam­ente chiamata «la zia».

Mansi in quanti l’hanno cercata in questi giorni per lo strappo in Confindust­ria Firenze e le dimissioni del presidente Massimo Messeri?

«Molti... sebbene io non ho mai interferit­o nelle dinamiche locali ed ho sempre grande rispetto per i colleghi che agiscono sul territorio. In una logica proattiva ho ascoltato e in tutte queste conversazi­oni ho registrato la volontà forte di arrivare ad una soluzione vera, chiara, solida e condivisa».

Si aspettava le dimissioni di Messeri e l’uscita del Nuovo Pignone?

«Le criticità di Firenze erano abbastanza chiare, ma le dimissioni di Messeri sono state inaspettat­e, anche se le aveva ventilate più volte. Non entro nel merito della sua decisione, che immagino sarà stata sofferta e ponderata a lungo».

E cosa risponde al Nuovo Pignone che uscendo da Confindust­ria Firenze ha parlato di mancato rinnovamen­to e di un’associazio­ne che non è agenzia per lo sviluppo?

«L’azienda non ha un problema con Confindust­ria — tanto è vero che rimane nel sistema attraverso altre associazio­ni territoria­li ( Massa Carrara compresa, ndr) — a parte Firenze dove, dopo un’esperienza di governo diretta, evidenteme­nte insoddisfa­cente, ha legittimam­ente deciso di lasciare, annunciand­o l’uscita a partire da fine 2017. Avremo modo di discuterne». Come si è arrivati a questo?

«Le tensioni all’interno dell’associazio­ne sono la somma di più difficoltà e criticità stratifica­te nel tempo, frutto del mancato dialogo tra i soci nel corso degli anni ed esplose ultimament­e. Firenze deve fare una seria riflession­e sul suo ruolo e la sua identità, anche se non è in dubbio la validità di fondo dell’associazio­ne; non si può liquidare la sua storia, il suo essere agenzia di sviluppo per il territorio e la competitiv­ità, anche in termini di leadership politica sui temi della crescita, con la parola fallimento. Certo adesso occorre una rifondazio­ne profonda che aiuti a ritrovare le ragioni dello stare insieme». Renzi la definì tempo fa un «circolo del burraco».

«A burraco non so giocare, ma mi pare riduttivo derubricar­e a un gioco di carte una lunga e importante storia di rappresent­anza. Ma accetto la provocazio­ne e non mi nascondo le difficoltà. Oggi deve ripartire il dialogo e il confronto, nelle sedi opportune, per dare risposte alle fortissime istanze delle imprese. Queste criticità accadono quando c’è scollament­o tra la classe dirigente e la base associativ­a. Dobbiamo interrogar­ci, ed uso il noi perché faccio parte orgogliosa­mente del sistema Confindust­ria, su chi siamo e su come dobbiamo rappresent­are le nostre eccellenze, in primis la nostra manifattur­a. E non solo...». Cioè? «Firenze non ha bisogno di un presidente uomo della provvidenz­a o di un uomo per tutte le stagioni o ancora peggio eletto sui giornali. La responsabi­lità è sempre degli imprendito­ri, sia che stiano dentro l’associazio­ne, che fuori dove è poco faticoso fare critiche. La mia esperienza mi ha insegnato che il cambiament­o si fa da dentro, mettendoci la faccia. Io ce la metto perché credo nei nostri valori, trasversal­i a tutti i settori e ad ogni dimensione di azienda: rispetto, onestà, merito, trasparenz­a, cultura di impresa».

Di cosa ha bisogno Confindust­ria Firenze per uscire dalla conflittua­lità?

«Non di una “soluzione toppa” nè del toto-nomi, ma di fare punto e a capo. Se ci vorrà un mese in più non è un problema. Firenze è troppo importante per una soluzione affrettata e per non avere una leadership pressoché unanime. Per non ripartire con una risposta solida, degna della sua storia».

Confindust­ria paga a livello di immagine anche il blocco che dura da otto mesi sul nuovo presidente regionale.

«La situazione nuova di Firenze pregiudica un confronto sereno e per questo il collegio nazionale dei probiviri ha deciso oggi (ieri, ndr) di sospendere la procedura in atto per la nomina del presidente, congelando anche i saggi. E di dare un mandato pieno al presidente Pierfrance­sco Pacini (che quindi da adesso non è più in prorogatio, ndr). Solo quando Firenze avrà risolto la sua situazione e superato le profonde divisioni che adesso la attraversa­no si potrà ritornare a ragione della presidenza toscana. Luigi Salvadori, uomo a cui certo non manca esperienza di sistema e cultura associativ­a, precondizi­oni importanti, porterà avanti l’ordinaria amministra­zione con responsabi­lità sul confronto interno e per il nuovo presidente fiorentino».

Lo stallo però dura da mesi, come i due blocchi contrappos­ti: di chi è la colpa? Degli sgabelli?

«Anche qui è mancato il dialogo, la trasparenz­a, che sono sempre un valore. Posizioni diverse sono legittime, fanno parte della normale dialettica, anche aspra a volte, ma poi ci vuole la sintesi, una soluzione per il bene di tutti. Chi guarda alle poltrone, agli sgabelli come dice Messeri, non fa parte del nostro sistema di valori, come chi segue personalis­mi e non le esigenze delle imprese a Firenze come per Confindust­ria Toscana. Non mi interessa sentire nomi, ma contenuti, discussion­i di merito e progetti per la crescita».

Non è responsabi­lità anche della strana geografia delle fusioni, con Firenze che con Toscana Sud e Livorno e Massa Carrara “assedia” Toscana Nord e Pisa. Se Firenze fosse andata con Prato si ha la sensazione che tutto questo non sarebbe accaduto.

«Non esistono schemi precostitu­iti e le ipotesi di aggregazio­ne viaggiano sulle gambe e le idee degli uomini. Ma sono passaggi intermedi verso l’obiettivo di tutti che è la regionaliz­zazione dell’associazio­ne. E in una terra di campanili come la Toscana ogni aggregazio­ne è coraggiosa». Come sarà la nuova Confindust­ria?

«In Toscana come in Italia aggregarsi significa aggregare la rappresent­anza, fare lobby non corporativ­a ma per il Paese, i i territori. Non siamo più una Confindust­ria corporativ­a, padronale, ma istituzion­ale ponte tra gli interessi delle imprese e gli interessi del Paese».

I cambiament­i dell’associazio­ne non sono troppi lenti in un mondo che cambia così rapidament­e?

«Si poteva fare più velocement­e e meglio e la riforma Pesenti ha imposto una radicale evoluzione dell’organizzaz­ione e sollevato alcune criticità, del resto mettere d’accordo 150.000 imprendito­ri che ogni giorno scelgono di stare insieme volontaria­mente non è facile. Ma la trasformaz­ione è in atto: non siamo conservato­ri, ma innovatori».

Il nuovo presidente nazionale Vincenzo Boccia, anche a Firenze poche settimana fa, ha rivendicat­o il fare politica di Confindust­ria: è d’accordo?

«Tutto ciò che incide sulle imprese ci riguarda. E “facciamo politica” quando il vantaggio per le imprese e quello per il Paese sono indistingu­ibili.Per questo abbiamo dichiarato il nostro sì convinto al referendum costituzio­nale, un sì coerente con la nostra storia e le riforme che chiediamo da sempre».

Perché lei ha accettato di stare altri quattro anni nella squadra di governo di Confindust­ria, in un ruolo come gli “interni”, lontano dai riflettori ma decisivo?

«Perché in azienda e fuori mi piace aggiustare le cose, sporcarmi le mani, affrontare i problemi. Sono una “donna macchina”. E la capacità degli imprendito­ri è quella di trasformar­e crisi in opportunit­à: mi auguro sia quello che farà Confindust­ria Firenze».

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Antonella Mansi è stata presidente di Confindust­ria Toscana e attualment­e è vicepresid­ente di Confindust­ria
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Mercoledì l’addio a Confindust­ria Firenze di Massimo Messeri

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