Corriere Fiorentino

IL RISCHIO DEI GIOCHI A PERDERE

- di Gianfranco Teotino

The show must go on. Tutto va bene. Rio de Janeiro è una città fantastica, molto fotogenica, l’ideale per ospitare uno spettacolo così affascinan­te, le immagini di fondo saranno più che suggestive. Magari non si respira la storia, come accadrebbe a Roma o, perché no, a Firenze, ma i paesaggi sono da cartolina, o meglio, da riprese televisive, specie quelle aeree.

Con qualche affanno, i lavori sono stati ultimati in tempo, più o meno. I conti, no, quelli non tornano. Sono ancora tutti, o quasi, da pagare. Il budget a disposizio­ne degli organizzat­ori, circa 2 miliardi di euro, è già stato bruciato, ne serviva il doppio. I costi infrastrut­turali, circa 6 miliardi, finanziati quasi esclusivam­ente con fondi pubblici, sono già cresciuti del 25% rispetto al preventivo. Mentre l’economia nazionale va a catafascio e la crisi politica del Paese, con due presidenti sotto impeachmen­t, è senza fine. Per dire che noi, molto probabilme­nte, ci divertirem­o, ma i cittadini brasiliani rischiano di sfilare a quelli canadesi la medaglia d’oro meno gradita: quella per la resistenza nel pagare le tasse necessarie a coprire il buco del disastro finanziari­o. Montreal 1976 e Rio 2016 si contendono la palma dell’Olimpiade più dissestata. I brasiliani avranno certo le loro colpe. Troppi scandali sono alla base delle difficoltà economiche del Paese. Ma il problema è che le Olimpiadi oggi sono un fallimento annunciato. Tutti gli studi dimostrano che nell’ultimo mezzo secolo l’unica città ospitante ad averne tratto benefici tangibili è stata Barcellona nel 1992. Il resto una catena di disastri, tanti, e qualche «pareggio», come Londra che, quattro anni fa, se la cavò con un bilancio quasi in equilibrio, molto contestato peraltro dall’opposizion­e, e la riqualific­azione di alcuni quartieri depressi. Anche per questo il Cio aveva deciso di cambiare le regole d’ingaggio delle città che si vogliano candidare: progetti più snelli e decentrame­nto. Si era parlato della possibilit­à di ospitare alcune competizio­ni, non solo partite di calcio, in altre sedi. Firenze, con Milano e Napoli, avrebbe potuto accompagna­re Roma nella sfida 2024. In realtà, non era proprio così. I Giochi restano appannaggi­o di un’unica città, e costano ancora troppo. Tanto è vero che le candidatur­e latitano, sempre più difficile assegnare un’Olimpiade. Pechino ha ottenuto quelle invernali (!) del 2022, soltanto una località kazaka gliele contendeva. Dice Renzi che Roma è in pole position per il 2024, ma è il primo a sapere che non è vero. Non soltanto perché a Roma hanno vinto i Cinque Stelle che le Olimpiadi non le vogliono e forse anche per questo hanno vinto. Sono tanti i motivi per cui Los Angeles e la stessa Parigi sono più avanti di Roma. Non è detto che sia un male. L’organizzaz­ione di grandi eventi di per sé non dovrebbe fare paura, anzi può diventare un volano per l’economia locale. Ma questo discorso non è applicabil­e alle Olimpiadi contempora­nee. Così come sono organizzat­i, anche senza parlare di doping o, al contrario, di altre novità positive (la rappresent­ativa dei rifugiati, l’apertura ai transgende­r), sono Giochi a perdere. Se non verranno riformati, meglio goderseli davanti alla tv nella speranza di festeggiar­e il solito pacchetto di medaglie azzurre. Piuttosto, si dovrebbe pensare di ospitare in Italia Europei o Mondiali di calcio: costano meno, rendono di più e lasciano, se bene organizzat­i, un’eredità, in impianti, utile all’intero Paese. E finalmente, almeno così, il nuovo stadio di Firenze.

Troppe spese, pochi ritorni Sarebbe molto meglio pensare a Mondiali di calcio o Europei

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