Ferré, il Chianti e quell’incontro con Marylin
Il 24 agosto è il centenario della nascita di Ferré, cantautore anarchico monegasco Il figlio Mathieu: scelse di vivere qui in campagna dove raccontava di aver incontrato la diva
Léo Ferré era in fuga. Da una moglie, la seconda, che non riusciva più ad amarlo e che voleva soffocarlo nei sensi di colpa. E da una vita artistica che, a 54 anni, aveva già vissuto e cambiato mille volte: il poeta cantautore della libertà e dell’anarchia, lo chansonnier dei cabaret parigini, l’esule in un castello circondato dal mare, il rivoluzionario profeta del maggio ’68, il musicista e arrangiatore sinfonico. Aveva lasciato dietro di sé due matrimoni, una ventina di dischi di culto e i riflettori della fama troppo accesi per un uomo che per tutta la vita aveva cercato invano un pezzo di terra verde dove far correre i suoi cani, la tranquillità dell’anonimato, un riparo. «E pensare che lo ha trovato qui, in Chianti, dove è come fosse risorto a nuova vita, per puro caso. Anzi — sorride ripensandoci il figlio Mathieu, titolare della birreria «Math» a Tavarnelle Val di Pesa — perché rimase vittima di un imbroglio immobiliare».
Il 24 agosto di cento anni fa nasceva uno dei più grandi poeti della canzone che il Novecento abbia mai conosciuto: Léo Ferré. Per capire la persona dietro il cantautore basta girare per le case di Castellina in Chianti, dove ha passato gli ultimi 24 anni della sua vita a coltivare viti e canzoni con eguale amore. Dove vivono ancora la sua terza moglie Marie-Christine Diaz e due dei suoi tre figli. Dove basta entrare in farmacia, o dal macellaio dove ogni giorno lo aspettava un pezzo di grasso di scarto lasciato lì per i suoi cani, per incontrare i suoi migliori amici e le tracce della sua vita quotidiana. Qui ha composto brani immortali come Avec le temps, che a rileggerlo oggi sembra quasi il testamento di passaggio da un’esistenza, quella rutilante, parigina, «combattiva», all’altra, quella nel placido Chianti pre-boom del vino: «Col tempo, col tempo tutto se ne va. Ti dimentichi il viso, ti dimentichi la voce, e il cuore quando non batte più». Qui faceva correre la sua fantasia di affabulatore. E in paese ancora si racconta di quella volta che quasi riuscì a convincere tutti di aver incontrato Marylin Monroe dietro un albero mentre portava a spasso i cani. «Era così convincente — dice Mathieu — che raccontate da lui queste storie diventavano vere».
Castellina ricorda il centenario del suo concittadino poeta francese con una mostra: Les copains de la fureur – Gli amici della notte dell’amico e pittore impressionista belga Charles Szymkowicz. Inaugurata con il concerto di chi in Italia ha raccolto il suo testimone e ancora canta le sue canzoni, i Têtes de Bois. L’esposizione rimarrà allestita fino al 1 novembre al Museo