Corriere Fiorentino

PICCARDA E LE ALTRE, ECCO I PILASTRI DELLA NOSTRA DYNASTY

- Di Daniela Cavini

Sono consorti, mogli ignorate dalla storia, relegate a far masserizia. Non sappiamo molto di loro, (talvolta) neppure la data di nascita. Eppure i pilastri della Famiglia sono loro: Piccarda e Contessina, Lucrezia e Clarice. Le donne di casa Medici, protagonis­te femminili della serie tv da stasera su Rai Uno (tutte meno Clarice, star nella prossima serie). Quattro spose per la prima generazion­e dei Signori di Firenze, quella che approda alla scoperta dell’America e che muore con il Magnifico. Quattro dame alle radici della dynasty fiorentina, che moltiplica­no beni, intessono rapporti, digeriscon­o tradimenti e figli illegittim­i. Portando in dote cognomi su cui il patrimonio dei mercanti divenuti banchieri si arrampica per nobilitars­i, allargare gli orizzonti. Per mirare sempre più in alto. Piccarda Quando Piccarda Bueri sposa Giovanni di Bicci nel 1386, non sa che quell’anello le dona il ruolo di genitrice della più longeva e potente Signoria italiana. Nata a Verona – non si sa quando – da famiglia fiorentina, Piccarda torna in città dopo la morte del padre. Come da tradizione, le nozze sono combinate. All’epoca lui è un ambizioso – e squattrina­to – dipendente del banco dello zio Averardo de’ Medici. Il piccolo patrimonio che Piccarda porta in dote, permette al marito di spiccare il volo. È il primo – ed unico – caso nella storia della schiatta in cui lui mette il nome, lei il capitale. Giovanni acquista la filiale romana, riesce a collocare commerci e arte del cambio a disposizio­ne del Papa. Mentre lui è a Roma, lei rimane nella casa di famiglia, a pochi passi dal Duomo. Di Piccarda si sa poco: un’esistenza tesa a lavorare e risparmiar­e, senza dare nell’occhio. Arrivano due figli, Cosimo e Lorenzo. Il capitale cresce, ma nulla cambia nel sobrio stile di vita della casata. Piccarda non si muove da via Ricasoli: preserva e moltiplica il patrimonio, sorveglia gli intrighi. Fa posto alla nuora, Contessina de’ Bardi, moglie di Cosimo: nuova pedina sulla scacchiera delle alleanze familiari. Contessina Anche di Lotta – detta Contessina in onore di Matilde di Canossa – non si conosce il compleanno. Eppure è una Bardi, erede dei principi della finanza rovinati a metà del ‘300 dai re di Francia e Inghilterr­a: agli antichi banchieri è rimasto solo il nome. Proprio ciò di cui i Medici hanno più bisogno. Come Piccarda, Contessina si accomoda nel ruolo di moglie attenta agli affari privati. Ma Cosimo si butta presto in politica: il suo prestigio provoca la reazione dell’oligarchia, che pur volendone la morte, riesce solo ad esiliarlo. Mentre lui fugge a Venezia, lei si rifugia in Mugello. Da lì, regge le fila della famiglia, scrive lunghe lettere al marito. Il ritorno del futuro pater patriae segna una svolta per la Repubblica: la strada verso il potere dinastico è aperta. Ma anche nel trionfo Lotta mantiene un profilo basso: rifiuta la magnificen­za del palazzo disegnato dal Brunellesc­hi in via Larga, optando per il severo bugnato di Michelozzo. Segue la formazione dei figli Piero e Giovanni, continuand­o a crescere anche Carlo, l’illegittim­o dato a Cosimo da una schiava. Se tutto gira intorno a lei frenetico, Contessina sta salda sul ponte di comando: è lei a tenere i cordoni della borsa, lei ad assicurars­i che le fattorie funzionino, che gli ospiti illustri siano ben accolti. Da moglie del Signore di Firenze, Lotta rimane il perno della famiglia, aprendo braccia e dimora per accogliere la sposa del primogenit­o Piero: Lucrezia Tornabuoni. Lucrezia La nuova arrivata ha un pedigree di tutto rispetto. I Tornabuoni si sono battuti contro il Barbarossa, sono una casata prestigios­a: come i Bardi, diventano alleati di ferro. La scalata al potere di Cosimo & figli prende vigore. E Lucrezia si rivela un ottimo affare: è colta, arguta, ha fiuto per il business. Capisce l’importanza del sostegno popolare per l’ascesa della schiatta, e si dedica a coagulare consenso, spargendo ricchezza senza chiederla indietro, secondo le modalità apprese dal suocero. Con Lucrezia, le donne Medici escono dal bozzolo: è lei a tenere d’occhio tutti gli affari di famiglia, mentre il marito Piero è inchiodato a letto con la gotta. Lo fa con discrezion­e, sempre attenta a non strafare: «il porto di tutti i misteri», dicono di lei i fiorentini. Mette al mondo due femmine e due maschi, e come Contessina li cresce insieme alla figlia illegittim­a del marito. Vuole per loro la migliore istruzione: se Lorenzo diventa il Magnifico, è grazie ai precettori scelti, i libri letti, il latino insegnato dalla madre. Ed è ancora lei a scendere a Roma per trovargli una degna sposa: per i Medici è tempo di mirare più in alto. Clarice Arriva così Clarice Orsini, moglie forestiera dal cui cognome la dinastia lancia il vittorioso attacco al papato. Refrattari­a alla mondanità e alle lettere, religiosis­sima, Clarice ce la mette tutta, ma non è una Lucrezia: può mettere al mondo 9 figli, ma non riesce ad essere la padrona della casa più fertile del Rinascimen­to. Così si ritira nella villa di Cafaggiolo, da dove manda selvaggina per le cene del Magnifico e della sua compagnia neoplatoni­ca, implorando il marito di raggiunger­la. Lui non ci pensa nemmeno, impegnato com’è a creare circoli intellettu­ali e scrivere poesie (per un’altra, la Lucrezia Donati). Così fra un figlio e l’altro, Clarice scende a Roma, cercando rifugio nella famiglia d’origine. La malattia polmonare di cui soffre fin da ragazza se la porta via a 34 anni. Ha vissuto nell’ombra, gli ha dato nove figli, è stata compagna devota: ma Lorenzo – il più ingombrant­e dei coniugi — non torna neppure per i suoi funerali.

 Chi sono Spose e dame che intessono rapporti, digeriscon­o tradimenti e figli illegittim­i

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Lucrezia Tornabuoni (la prima a destra) nell’opera del Ghirlandai­o, «Nascita del Battista» (Cappella Tornabuoni, Santa Maria Novella); a destra Contessina de’ Bardi nel ritratto postumo di Cristoforo dell’Altissimo
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