Quadra: reati prescritti, le accuse restano
La corte d’Appello: «Metodo sistematico di gestione di affari privati da parte di pubblici funzionari»
La corruzione è prescritta, ma «non vi è dubbio che i funzionari di Palazzo Vecchio Bruno Ciolli e Giovanni Benedetti abbiano goduto per lungo periodo di una consistente libertà di movimento», grazie anche all’intreccio di rapporti «con personalità politiche di sicuro rilievo nell’ambito della politica cittadina, in particolare Alberto Formigli, capogruppo del partito di maggioranza in Consiglio comunale e socio occulto della società Quadra. Una libertà che ha consentito a entrambi i dipendenti di gestire anche i propri interessi relativi a investimenti immobiliari all’estero».
Non usa mezzi termini Alessandro Nencini, presidente della seconda sezione della corte d’appello di Firenze, che firma la sentenza sulla vicenda Quadra, la società di progettazione accusata di aver collezionato favori su favori tra il 2001 e il 2009 negli uffici di Palazzo Vecchio riuscendo a imporre il monopolio dell’edilizia in città. In 77 pagine ricostruisce l’affaire, i ruoli e spiega i motivi per cui lo scorso 23 giugno, con i giudici a latere Angela Annese e Alberto Panu, ha dichiarato estinto il reato di corruzione per i diciannove imputati, cancellando le condanne da 3 a 5 anni di reclusione inflitte in primo grado. Spiega perché è caduta ancora una volta l’accusa di associazione a delinquere tra funzionari pubblici, professionisti e politici ipotizzata dai pm Giuseppina Mione e Leopoldo De Gregorio ( «deficit probatorio») e perché sono state rideterminate le pene pecuniarie inflitte a quattro società (M&M casa srl, San Giudici Lorenzo di Giaffreda Antonio, Le Quinte e la Edificatrice Immobiliare Toscana), responsabili di illeciti amministrativi («hanno tratto lucro dalle condotte corruttive contestate agli amministratori»).
L’attenzione è puntata sin dalle prime pagine sulla prescrizione che ha messo la parola fine sull’inchiesta penale: «Le indagini si sono concluse nell’aprile 2008 con le perquisizioni nelle abitazioni e negli studi professionali degli imputati. Da quella data, i reati per i quali è intervenuta la condanna in primo grado, non sono proseguiti. Questo rilievo è fondamentale per affermare che i reati sono estinti per prescrizione da ottobre 2015».
La Corte d’appello tuttavia non si può fermare. La richiesta di risarcimento per danno all’immagine formulata dal Comune di Firenze e dall’Ordine degli architetti impone comunque una valutazione dei reati contestati. «Si è trattato di “sistematico e capillare” metodo di gestione degli affari privati di singoli cittadini da parte di pubblici funzionari», sottolinea il presidente Nencini. Ciolli e Benedetti hanno agito «in spregio del principio di imparzialità e di buon andamento dell’amministrazione che dovrebbe guidare qualunque pubblico funzionario nell’esercizio delle proprie attività istituzionali. Quella messa in atto è una condotta parcellizzata ma reiterata per numerosi anni che ha prodotto un oggettivo inquinamento dei rapporti tra cittadini e la pubblica amministrazione».
Così ancora una volta il presidente della Corte d’appello non ha dubbi: «Quelle condotte hanno certamente provocato un danno all’immagine del comune di Firenze e dell’ordine degli architetti fiorentino». Un danno erariale che solo i giudici contabili potranno quantificare. Così adesso la parola passa alla Corte dei Conti.
La motivazione «Condotta reiterata per numerosi anni che ha prodotto un inquinamento dei rapporti tra cittadini e amministrazione»