CARO PIANO BAR RITORNO AGLI ANNI ‘60
Apre sabato Gilò, il locale dell’imprenditore della pelle Gianfranco Lotti «È un sogno che mi porto dietro dai tempi della Rotonda di Fred Bongusto» Luci basse, radica, arredi di passamaneria e cucina aperta fino alle 24
La rotonda non più sul mare, ma in via dei Fossi a Firenze. E al posto del nostro disco che suona... un pianoforte a mezza coda. Sono cinquant’anni che Gianfranco Lotti tra una borsa e l’altra, ci pensava. Anzi lo sognava: «Quando smetto di lavorare voglio aprire un piano bar». Non ha smesso di lavorare ma ora, arrivato ai 70 anni, il grande stilista e imprenditore della pelle ha deciso di «mollare un po’ le briglie dell’azienda, solo un po’» e concentrarsi su quel sogno «che mi porto dietro da quando Fred Bongusto cantava Una rotonda sul mare e Gino Paoli Sapore di sale». Apre sabato al numero 44 rosso di via dei Fossi Gilò. Dove «Gi» sta per Gianfranco. E «lò», con l’accento per dargli quel tocco decò come nello stile dello stesso locale, sta per Lotti. Non è un pub, non è un bar, non è un jazz club. «È un piano bar, alla vecchia maniera, come negli anni Sessanta, perché ce ne era bisogno, non se ne vedevano così da decenni: io ne sentivo il bisogno, perché arrivato alla mia età se ho voglia di uscire la sera non saprei dove andare. Ho pensato a un luogo che mi somigliasse e me lo sono costruito». Perché Gilò ha un’anima di design oltre che l’aspetto. «Il piano bar somiglia alle mie borse, le mie borse somigliano al piano bar e ora ho voglia di aprirne altri dieci in tutto il mondo e creare un brand, uno stile, tracciare una strada».
Aperti sei giorni su sette, dalle 18 alle 2 e mezzo di notte, con la cucina che sforna piatti fino a mezzanotte e mezzo, luci basse, volumi bassi, contesto familiare: Gilò si inaugura sabato con una serata di gala a Palazzo Corsini. Con 700 invitati tra artisti, personaggi della moda e dell’industria internazionali. «Sono un cultore degli anni Sessanta — spiega — e mi mancava quell’atmosfera, la volevo difendere, ferocemente». Lo scopo «è ricreare quella sensazione di vicinanza tra il locale e le persone, tra cliente e pianista, come un salotto, dove le barriere cadono». Pareti in radica di mogano, arredamento d’artigianato fiorentino «tutto pensato ad hoc, pannello dopo pannello, fino all’ultima
lampadina». Di classe. Come i modelli a cui si ispira: il vecchio Barretto fiorentino o il Barrino di Gino Paoli. Il Tabetà su Ponte Vecchio o il Full Up. Ed è proprio dal Tabetà proviene il primo dei pianisti che diventeranno residenti a rotazione: Luigi Campoccia. Con un super impianto stereo che si fa strada tra le pareti, ovviamente insonorizzate all’esterno. «Chi vuole ascoltare le basi non viene qui, le basi le lascio... a Sigonella», scherza. Ha affidato all’ex manager dell’Excelsior Mario D’Onghia, suo socio, la direzione. E da imprenditore internazionale guarda all’estero e ai turisti: «Gli alberghi sono al settimo cielo, non vedevano l’ora di avere un posto come questo da consigliare ai clienti».