Io vado, arriva l’Unicef
Sandra Maggi dopo tre mandati non sarà più presidente dell’Istituto degli Innocenti «Lascio il museo e un’azienda sana che nel 2017 ospiterà il centro studi mondiale dell’agenzia Onu»
È uno di quei momenti che potrebbe essere preludio di cambiamenti radicali all’Istituto degli Innocenti, la casa dei diritti dei bambini nell’immaginario di tutti noi. Scaduto il consiglio di amministrazione vanno via tutti i cinque membri e la presidente Alessandra Maggi, voluta nel ‘99 dalla Regione, lascia la plancia di comando dopo tre mandati. A ricaduta potrebbe cambiare anche il direttore generale Anna Maria Bertazzoni — spetterà al nuovo cda confermarla o sostituirla —. E ancora: è appena stato bandito un concorso per la selezione del direttore scientifico del nuovo museo inaugurato a giugno scorso ed è in corso di pubblicazione la gara per l’affidamento dei servizi museali, compresa la gestione di bookshop e caffé. Una rivoluzione, in potenza, rispetto alla quale Sandra Maggi, carattere di ferro in un corpo da scricciolo, poche parole, molta concentrazione e piglio di chi sa il fatto suo, tiene a dire: «Spero che qui dentro si proceda nel segno della continuità. È stato fatto tanto. C’è bisogno di procedere nella direzione intrapresa». Presidente quando va via? «A giorni. Entro fine mese si attende la nomina dei consiglieri scelti da Comune e Città Metropolitana (entrambi Nardella dunque ndr.), i tre della Regione sono stati scelti. Poi sarà il nuovo Consiglio a nominare il suo presidente».
Tre mandati sono un tempo infinito. Può fare un bilancio con noi?
«Volentieri: il primo è stato quello in cui ho lavorato per la valorizzazione del patrimonio immobiliare. Ci siamo chiesti cosa tenere e mettere a reddito, cosa vendere, cosa ristrutturare per utilizzarlo a fini istituzionali (asili nido, case di accoglienza per mamme e bambini, centri diurni per adolescenti... ndr.). Durante il secondo mandato mi sono concentrata sulla realizzazione di alcuni progetti istituzionali, penso alla Casa La Brocchi in Mugello dove, in una villa del ‘700, abbiamo realizzato una casa d’accoglienza per famiglie di richiedenti asilo o al Centro diurno per adolescenti nel territorio di Campi. Sempre durante il secondo mandato è stato data all’Istituto l’attuale configurazione giuridica (prima era una I.P.A.B. —Istituzione di Pubblica Assistenza e Beneficenza — dal 2004 è un’ Azienda pubblica di Servizi alla Persona ndr.). L’ultimo mandato... È sotto gli occhi di tutti: è quello in cui è stato realizzato il nuovo museo».
Un’avventura che ha dato vita a un museo di notevole bellezza ma che lascia strascichi giudiziari. C’è un’indagine in corso che contesta una scelta non trasparente del responsabile unico del procedimento. Secondo l’accusa sarebbe stata scelta persona vicina alla presidenza. Non solo: la Procura indaga anche su un presunto lievitamento dei costi tra la fase della progettazione preliminare e quella esecutiva. Cosa può dirci in merito?
«Che mi fido della magistratura. La denuncia, partita dal Movimento 5 Stelle, nasce, cre- do, all’interno di uno scontro politico. Per altro i consiglieri che ci hanno contestato non hanno neanche visitato il museo. I costi non sono lievitati: la nostra dotazione complessiva per i lavori era di 12 milioni e 800 mila euro, coperti per il 60 per cento con fondi europei e per il 40 con fondi nostri e oltre quella non potevamo andare. È vero che nel 2013 c’è stato uno scontro con Ipostudio, la ditta che aveva vinto la gara per il nuovo museo, ma in quella fase si decise di andare avanti. (Non risponde sul R.U.P. ndr.)».
Cosa lascia da fare, o meglio cosa vedrà realizzato stando fuori da questo ufficio in cui le fanno compagnia i ritratti di chi l’ha preceduta a vario titolo al timone dell’Istituto?
«Il museo è quasi del tutto finito: restano da ripulire la facciata e la parete verticale del cortile degli uomini e da rimontare i Putti robbiani sulla facciata. A metà dicembre sarete invitati a un’altra inaugurazione. E poi, ma per questo bisognerà aspettare il prossimo anno, stiamo facendo una nuova sede che ospiterà il centro internazionale di ricerca dell’Unicef,
l’unico al mondo. Si è liberato un nostro immobile tra via dei Fibbiai e via degli Alfani, un luogo dove fino agli anni ‘60 c’era il punto nascita della città, quello voluto da Pietro Leopoldo, per intenderci. Ecco, lì, nel prossimo anno, grazie a un accordo di programma con la Regione verrà realizzato questo centro di ricerca. Costerà 3 milioni: 2 li metterà la Regione e uno noi».
Parliamo di bambini, visto che è di questo che si occupa l’Istituto. Com’è cambiata la percezione dell’infanzia in Italia da quando lei è qui?
«Parecchio. Io sono arrivata alla fine degli anni ‘90 e in quel decennio in Italia sono stati fatti passi molto importanti. Uno per tutti l’approvazione della Convenzione Onu sui Diritti dell’infanzia. Ma c’è molto da fare. Pensi che su 30 mila minori italiani allontanati dalle famiglie solo la metà sono dati in affido, l’altra metà è in strutture di accoglienza — in Toscana la situazione è un po’ migliore, due terzi sono in affidamento. Ma la situazione più seria è quella degli asili nido. La convenzione di Lisbona prevede che venga coperto il 33 per cento del fabbisogno. Una percentuale bassa che è stata di poco superata qui al nord, Toscana, Liguria, Emilia, Lombardi. Al sud solo il 6 per cento dei bambini hanno accesso ai nido».
Follia. Senta voi vi muovete su un bilancio di circa 9 milioni annui. Ricorda che servizi offrite?
«Qui dentro ci sono 4 asili nido e 3 strutture di accoglienza, una per bambini e due per mamme e bambini. C’è un centro d’incontro protetto per genitori e figli magari sotto osservazione da parte del Tribunale dei Minori o degli assistenti sociali e una struttura dove possiamo accogliere bambini curati dal Meyer che magari possono essere seguiti anche in un ambiente diverso dall’ospedale, ma in convenzione con i medici. Poi abbiamo le attività di consulenza e ricerca, i centri esterni di cui le ho parlato prima, e facciamo formazione per operatori del settore». Cosa farà da grande? «Se farò ancora qualcosa avrà a che fare coi bambini».
La tutela dell’infanzia negli ultimi anni è migliorata Ma bisogna fare ancora molto, pensi che la Toscana, tra le regioni più virtuose, copre poco più del 33 per cento del fabbisogno di asili nido