La Bohème e il gioco delle coppie
La Nuccio è Mimì, Piazzola è Marcello: amici in scena, innamorati nella vita. Dal 17 al Maggio
«La gente che va a sentire La Bohème si vuole emozionare. Perché la musica arriva direttamente al cuore, la senti, non importa la lingua, il Paese, arriva e ti tocca dentro». Così Jessica Nuccio, il soprano che sarà Mimì all’Opera di Firenze dal 17 novembre. Daniel Oren sul podio, regia di Lorenzo Mariani e un cast, anzi, due cast, di giovani affermati interpreti.
«Sarà una Bohème tutta giocata sul sentimento», riflette Simone Piazzola, baritono lanciatissimo nell’agone internazionale, che sarà un Marcello di lusso e che — e qui scatta un inedito gioco delle coppie dentro e fuori al palcoscenico — è pure sposato con la Nuccio. Giovani, belli e innamorati, come Rodolfo e Mimì, o Musetta e Marcello, le due coppie protagoniste dell’opera. Solo che loro interpretano un personaggio per coppia. Ma il gioco funziona ugualmente, perché Bohème è una storia di giovinezza, amori, sogni, dolorosi risvegli, dove tutti possono facilmente riconoscersi. La Nuccio, per esempio, quasi più Musetta, col corteggiamento serrato che racconta avere fatto a un Piazzola recalcitrante. E lui che confessa, come il buon Rodolfo abbocca a un lume spento ad arte da Mimì, o lo stesso Marcello quando cede alla vera scena di seduzione che Musetta interpreta solo per lui al Cafè Momus. «Mi portò a cena in un ristorante arabo, quasi a tradimento. Era vestita di nero, calze nere, stivali neri, lì mi scattò qualcosa, non vidi niente di quello che portavano in tavola, avevo occhi solo per lei». «Nostalgia, soprattutto nostalgia, per quello che non abbiamo più — ci racconta il regista Lorenzo Mariani — Dramma e poesia ci attraggono, ma la ragione vera per cui Bohème piace a tutti è la sua umanità». L’allestimento del Comunale di Bologna firmato da lui (scene e costumi di William Orlandi) data circa venti anni, nei quali ha girato per tanti teatri italiani. E funziona ancora. «Credo sia dovuto al fatto che nasce da un’intuizione di per sé poetica, i passaggi della vita, il suo scorrere, i cambiamenti. Il romanzo di Murger da cui è tratto il soggetto si intitola Scene della vita di Bohème. Lo abbiamo ambientato all’epoca dello stesso Puccini, l’età della ghisa e del ferro, l’età in cui lui stesso fece la bohème, vivendo a Milano con altri compositori, Leoncavallo incluso, squattrinati come lui». Quando studiava al Conservatorio di Milano sotto Antonio Bazzini e Amilcare Ponchielli e viveva in una casa di ringhiera. Che compare espressamente nella Bohème di Leoncavallo nella scena del cortile, presente già nel romanzo e che in Puccini scompare. Salvo riapparire indirettamente nello spettacolo di Mariani, dove il primo atto è ambientato per l’appunto in una casa di ringhiera, da cui Mimì spia i movimenti di Rodolfo e dei suoi amici, per beccarlo solo e cercare di conoscerlo col celebre: «Scusi, mi si è spento il lume» e via di seguito. Una piattaforma girevole che consente di cambiare facilmente l’ambientazione fra i diversi atti è l’escamotage poetico di questo allestimento, scene di vita, appunto, cambiamento e scorrere del tempo. Tanto da permettere un unico intervallo, fra il secondo e terzo atto, anziché i tradizionali tre. Perché è proprio nel terzo atto dove tutto cambia, dove non si può più giocare e bisogna diventare adulti. Come capisce il pittore Marcello, allorché si rende conto che Mimì ha sentito Rodolfo confessare che lei è condannata dalla sua malattia. «Marcello è il personaggio a cui tutti si rivolgono per consigli — nota Piazzola — anche se lui prende la vita come un gioco. Fino a quando deve diventare grande immediatamente, non c’è più tempo per giocare». Come per lui quando ha deciso di cedere a Jessica. «Ci siamo messi insieme a luglio, ad agosto aspettava già nostro figlio Dario, che ora ha tre anni e mezzo. Quando ci siamo conosciuti io cantavo nella Fanciulla del West, lei veniva a tutte le prove in teatro, mi chiedeva sempre gli autografi, mi diceva quanto ero bravo». Lusinga e adulazione, funziona spesso.
Ora sono una coppia felice, vivono a Verona, la città di lui, dove si sono trasferiti da Palermo anche i genitori di lei. «Senza di loro non potrei fare questa carriera — ci fa notare la Nuccio — Stanno con nostro figlio quando non ci siamo, ma appena abbiamo dei giorni liberi cerchiamo sempre di riunirci». Ma c’è differenza fra le due coppie in Bohème? «Rodolfo e Mimì sono uguali, amano le stesse cose — spiega Jessica — mentre Marcello e Musetta sono all’opposto, e per questo si attraggono». «Ma certo non significa che si amino di meno», chiosa Mariani.
Fuori dal teatro «Mi portò a cena in un ristorante arabo, quasi a tradimento. Avevo occhi solo per lei»