La meglio gioventù, per 65 anni
Storia Campana «a zonzo» per la città, De Gubernatis che sogna la rivoluzione, Michelstaedter e i ritratti dei prof L’Istituto di Studi Superiori prima di diventare Università: in due libri la Firenze capitale della cultura umanistica
C’è il piemontese Angelo De Gubernatis, giovanissimo docente di sanscrito a Firenze, che nel 1865 si lascia affascinare dalle dottrine anarchiche, incontra in Toscana Bakunin e, sognando una rivoluzione che mai ci sarà, rassegna le dimissioni, salvo poi recuperare la cattedra qualche anno più tardi. C’è l’irredentista triestino Cesare Battisti che, durante gli studi universitari fiorentini in geografia, conosce e poi sposa la compagna di studi Ernesta Bittanti. C’è il filosofo goriziano Carlo Michelstaedter che, prima di togliersi la vita con un colpo di pistola poco più che ventenne, per anni ritrae a matita tutti gli insegnanti dell’ateneo fiorentino. C’è Dino Campana che nel 1911, studente fuoricorso di chimica a Bologna, scende nell’ex capitale alla ricerca di una abilitazione all’insegnamento del francese e lascia un paio di temi d’esame su foglio protocollo a righe: uno di questi si intitola «A zonzo per Firenze».
Sono mille le storie rimaste per decenni a dormire tra faldoni, registri e pagine ingiallite di uffici e archivi dell’Università fiorentina. E molte di queste sono state sottratte al sonno e raccolte nel doppio volume L’istituto di Studi Superiori e la cultura umanistica a Firenze, edito da Pacini, per oltre mille pagine e quasi una ventina di saggi che raccontano la Firenze universitaria tra il 1859 e il 1924. Due date non a caso: la prima è quella della fondazione dell’Istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento voluto dal governo toscano subito dopo la partenza dei Lorena e prima ancora del plebiscito per l’annessione al regno di Sardegna. La seconda è quella della riforma Gentile che trasformò l’Istituto in Università, normalizzandolo e finendo per sopire il fuoco particolare che bruciava da sempre nel cuore dell’ateneo fiorentino.
Di alto livello tutti i saggisti che hanno descritto e analizzato ogni aspetto di quella galassia umanistica, dagli insegnamenti letterari a quelli di orientalistica, dall’antropologia alla dantistica, dalla filologia alla storia: Simonetta Soldani, Giuseppe Dino Baldi, Gabriele Turi, Duccio Lelli, Maria Gloria Roselli, Anna Olivieri, Davide Bondì, Paolo Maccari, Joel Vaucher-de-la-Croix, Laura Cassi, Francesca Tacchi, Emilio Capannelli, Floriana Tagliabue, Giovanna Grifoni. A coordinare il progetto Adele Dei, docente di letteratura italiana e già direttrice del Dipartimento di Italianistica. Ad arricchire il volume un vasto repertorio iconografico, a cominciare dai tanti ritratti usciti dagli apparecchi di Nunes Vais e Schemboche, e testimonianze autobiografiche dei protagonisti.
Un lavoro di ricerca andato avanti per un decennio, sfogliando documenti e carte spesso nemmeno catalogate, tra i fondi dell’ex Facoltà di Lettere e la Biblioteca Umanistica. Ne viene fuori un affresco dalle tinte preziose, in cui Firenze per oltre sessant’anni è all’avanguardia negli studi umanistici non solo in Italia ma anche in Europa. Un esempio: la prima cattedra di antropologia in tutto il Regno, affidata nel 1869 al lombardo Paolo Mantegazza. Oppure basta buttare un occhio sull’elenco degli studenti di inizio Novecento: Giuseppe De Robertis, Emilio Cecchi, Renato Serra, Attilio Momigliano, Scipio Slataper, e via di questo passo, spesso a seguire gli stessi corsi uno di fianco all’altro. Mentre il corpo dei docenti allineava, di curriculum in curriculum, Pasquale Villari, Guido Mazzoni, Girolamo Vitelli, Domenico Comparetti, Pio Rajna, Gaetano Salvemini.
«Siamo voluti partire dall’accademia per fare un lavoro non accademico — spiega Adele Dei — Non ci interessavano gli aspetti più eclatanti degli studi universitari ma semmai la gestione del quotidiano dell’Istituto. Ci premeva restituire alla storia di Firenze un aspetto fin qui trascurato. Tutti da sempre parlano e scrivono delle riviste fiorentine di inizio Novecento. Ma quelle riviste non sarebbero state possibili senza l’esistenza, lì accanto, di questo Istituto, che aveva forza attrattiva in tutta Italia e portava a Firenze i migliori giovani da tutta Italia. Qui si è formata la classe dirigente italiana per diversi decenni, in un Istituto che nasceva appunto come scuola di eccellenza, come oggi si intende la Normale di Pisa».
«Firenze è in fondo una piccola città — continua Dei — Eppure in quegli anni è un ribollire di società, viaggi, collezioni, biblioteche, fondi: tutto messo in moto dalla presenza di tante personalità diverse. E spesso fondi e collezioni privati degli insegnanti sono rimasti qui in città: ne viviamo ancora di rendita. Accanto all’istituzione c’era poi una forte base locale, come testimoniano i finanziamenti concessi allora dal Comune o dalla Cassa di Risparmio, a segnalare l’unione forte con il tessuto cittadino. E poi una ragnatela di rapporti in tutto il mondo: dall’estremo oriente all’America latina, fino ai paesi più impensati. Un caso unico nell’Italia di quei tempi. Fin qui si conoscevano solo i grandi personaggi di quei tempi, adesso dopo questo lavoro ne abbiamo una visione più dettagliata anche nelle piccole cose, una miriade di storie: conosciamo gli orari delle lezioni, i giorni di festa, perfino i nomi dei bidelli. Senza dimenticare che abbiamo scoperto anche inediti importanti: al ricercatore che ha trovato i temi di Campana è venuto quasi un colpo al cuore aprendo quel faldone». Tra parentesi: il poeta fu respinto all’esame. Talentuoso con la lingua italiana, non era altrettanto a suo agio con il francese dei suoi amati Baudelaire e Verlaine.
Adele Dei Era un ribollire di viaggi, collezioni e rapporti con paesi impensati, dall’Oriente all’America Latina Un caso unico