Quei delicati fiori di cera, meraviglie da scoprire Un patrimonio poco noto che fa parte del Museo di Storia Naturale di Firenze
Una mostra dopo il restauro nel museo dell’Opificio
gruppi gospel, 2.650 artisti e oltre 250 esibizioni live. Negli anni si è rafforzato il gruppo di lavoro costituito dall’Associazione Toscana Gospel e Officine della Cultura. L’evento è stato realizzato anche grazie all’appoggio di privati e al sostegno delle istituzioni come la Regione Toscana, i comuni coinvolti e il Consolato Generale degli Stati Uniti d’America. «Le canzoni degli artisti afroamericani amplificano l’esperienza umana animando i nostri corpi, stimolando la nostra immaginazione e le nostre anime. I valori di democrazia, giustizia e libertà continueranno a rafforzare l’amicizia tra la Toscana, l’Italia e gli Usa», ha detto Abigail M. Rupp, console generale degli Stati Uniti a Firenze.
Ci si potrebbe fare un film sui cercatori di piante del Settecento, in giro per il mondo a bordo delle spedizioni di James Cook. Per esempio su Francis Mason che in Italia importò più di 400 specie. Senza di loro non sarebbero giunte a noi meraviglie floreali come la strelitzia, la camelia e persino il cactus. Piante allora considerate esotiche che riprodotte in finissima cera dai maggiori ceroplasti di epoca lorenese attivi fra il XVIII e il XIX secolo, fra i quali Clemente Susini e Francesco Calenzuoli, arricchirono le case dei principi regnanti e le teche dei musei, tra cui il Museo di Storia Naturale, nella cui collezione, unica al mondo per numero e varietà, se ne contano 180. Ne vedremo un campionario di sette esemplari appena restaurati dall’Opificio delle Pietre Dure, da stasera alle 17 nell’ambito della mostra allestita nelle sale del museo in via degli Alfani 78: Il giardino rifiorito. Il restauro delle cere botaniche del Museo di Storia Naturale di Firenze. «Fin qui ne abbiamo restaurate 40 — racconta Laura Speranza, responsabile del Settore di Restauro dei materiali ceramici, plastici e vitrei dell’Opificio e curatrice della mostra. Il risultato è stato stupefacente considerata la delicatezza del lavoro portato avanti da nostre tre restauratrici diplomate alla scuola di Alta Formazione dell’Istituto, Maria Grazia Cordua, Chiara Gabbriellini e Francesca Rossi».
E sembra di vederle le delicate dita di queste donne, capaci di rigonfiare i fiori a palloncino della calceolaria, introducendo all’interno dei minuscoli fili di ferro, di pulire i petali in cera sottili come fossero veri, delle camelie o degli iris, utilizzando vaporizzatori e spazzolini millimetrici e, all’occorrenza, integrando i pezzi mancanti con cere nuove fuse alla corolla con spatole a caldo. Un lavoro deli- catissimo quanto stupefacente che richiede tempo e devozione. «Finito il restauro — spiega Laura Speranza — rimanderemo questi gioielli botanici al Museo di Storia naturale di Firenze che sta ora organizzando un nuovo spazio adatto alla conservazione della collezione. La vecchia collocazione li aveva esposti pericolosamente alla polvere. Ma per proseguire il lavoro e rimettere in sesto tutti e 180 i pezzi — aggiunge — abbiamo bisogno di nuove risorse, si spera da privati come le Fondazioni o piccoli mecenati che potrebbero adottare anche una sola pianta». Stasera in occasione della mostra, interverranno il soprintendente dell’Opificio delle Pietre dure, Marco Ciatti con Chiara Nepi responsabile della sezione Botanica del Museo di Storia Naturale e la direttrice del restauro, nonché curatrice dell’esposizione Laura Speranza. Un video illustrerà le operazioni di restauro. Fino al 15 marzo (8.15-14, biglietto intero 4 euro, chiuso domenica e festivi).