Corriere Fiorentino

«L’errore? Pensare di dominare Roma da Siena»

L’ex sindaco Piccini, la banca e la politica: prima c’era una strategia per la città, poi arrivò Mussari...

- Marzio Fatucchi

 Adesso il rapporto con l’istituto si è rotto, da tempo i senesi dovrebbero pensare ad altro Speriamo solo che si mantenga un legame

«Alla fine ci siamo arrivati: il futuro di Banca Monte dei Paschi è di fatto una nazionaliz­zazione».

Pierluigi Piccini, ex sindaco di Siena, ex dirigente del Monte dei Paschi: come si sente, da senese, oggi?

«Quando nel ‘93 ci fu l’uscita del Tesoro dalle banche, provammo con alcuni grandi giuristi a riprendere in mano tutta la banca. Una serie di pressioni fortissime di Bankitalia e del ministero ci imposero la quotazione in Borsa, una privatizza­zione: ma la privatizza­zione vera non è mai stata portata avanti a Siena, né nelle nomine né nella cultura. Invece di aprirsi, la città si è chiusa, soprattutt­o quando ha gestito la Fondazione, diventata strumento di dominio e potere».

Scusi, ma anche lei ha governato Siena...

«Io non avevo questo impostazio­ne».

Lei era dato in pole per fare il presidente della banca, dopo il suo mandato da sindaco.

«Non me l’hanno fatto fare perché avevo una visione diversa dei rapporti di potere. E per questo poi fu espulso nel 2004 dal partito (i Ds, ndr)».

Quando iniziano i rapporti tra Giuseppe Mussari e Banca Mps, Mussari viene considerat­o vicino a lei.

«Non ho mai nominato Mussari da nessuna parte. Ma siamo ancora qui? Mussari mi sostituisc­e, mi fanno fuori, mi espellono dal partito: ma di che parliamo (urla, ndr)! Il disastro non l’ho fatto io, ho lasciato la fondazione nel 2001 che valeva 11 miliardi di euro di patrimonio. Ora 400 milioni».

Allora proviamo a capire quando inizia questo declino, quando nasce questa crisi.

«Inizia con Mussari presidente della Fondazione. Siamo nel 2004: imposta un discorso di dominio nei confronti della realtà. Le classi dirigenti precedenti, a cui appartengo, non dominavano. Erano egemoniche, sì, ma perché avevano una strategia per città, il territorio e la banca. Dal 2004 parte il dominio per il potere. Fanno il miglior bilancio della storia nel 2007, proprio portando tutto (asset, plusvalenz­e) “in evidenza”. E poi succederà tutto il resto, a partire dall’operazione Antonvenet­a. La fondazione che si concentra tutta sulla banca».

Negli anni precedenti la crisi, tra i membri del Cda della fondazione si trovavano solo o quasi maestri, enologi, ex carabinier­i...

«Le prime nomine della fondazione sono del 2001 e le fa l’allora sindaco Maurizio Cenni. Lì inizia il controllo locale e la chiusura localistic­a. Invece di aprirsi, la città si chiude con soggetti funzionali al dominio. Viene ripartita una infinità di denaro per dominare la realtà. Hanno avuto la pretesa persino di dominare Roma da Siena, che errore».

Mps, nazionaliz­zata, resterà senese in qualche modo?

«Il rapporto con la banca si è rotto, i senesi dovrebbero pensare ad altro, da tempo. Speriamo solo che si mantenga un collegamen­to con la città, e che ci sia un ragionamen­to corretto sui dipendenti».

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