«Occasione per affermare una nuova idea di città»
Rampello: una scelta fatta per il presente, non solo omaggio al passato
Firenze temeva di perdere visibilità internazionale, con le dimissioni di Matteo Renzi da premier: «Questa è una città capace di reinterpretare la sua storia. È stata scelta per il suo presente, non solo per il suo passato» spiega il professore Davide Rampello, ex direttore di Florens e del padiglione Zero di Expo.
Davide Rampello, è stato direttore di «Florens» e del «Padiglione Zero» di Expo.
Professore, Firenze ha avuto, anche grazie a Renzi, grande visibilità internazionale. Dopo la sue dimissioni da premier la città temeva di perdere questo appeal, invece ecco il G7 della cultura.
«Firenze ha capacità di rinnovare e reinterpretare i suoi fortissimi valori. Ed è per questo un riferimento della cultura internazionale. Come Venezia e Milano, è una città-mondo. Ma l’attenzione su Firenze non deve essere affidata solo a questi eventi».
Quindi sarebbe stata scelta a prescindere?
«Anche questo è sbagliato. Il punto di partenza è la memoria e la sua reinterpretazione. Firenze ha radici profonde nella grandissima cultura etrusca, poi romana, per poi attraversare quel meraviglioso periodo del medioevo, monastico, dei borghi e dei Comuni, da cui nasce il Rinascimento: questo è il punto di partenza».
Ma lei cosa si aspetta da questo G7 della cultura?
«L’Italia deve dare senso nuovo al termine cultura, riportarlo alle orgini latine, del coltivare gli uomini. È la capacità da parte dell’uomo di rinnovare se stesso e rinnovare il mondo. Nel solco buono: usando la definizione di solco di Isidoro di Siviglia, la terra ferita che accoglie il sole».
Lei vola alto: ma sapranno i ministri della cultura dei Paesi del G7 cogliere il «sole» di Firenze? Più banalmente, sapranno rendere concreta questa aspirazione di cui lei parla?
«Intanto, per la prima volta si incontrano e non è poco. Questa è la capacità dell’Italia: iniziare un percorso nuovo. Un percorso che contenga dentro al termine cultura non solo la tutela ma tutti i fermenti delle arti contemporanee, delle “artigianarie”, con il senso profondo della fruizioni di tutto questo. Il turismo non ha più una accezione positiva, non è più il grand tour dell’800. Parliamo invece di arti ed economia dell’ospitalità. Non puoi parlare di cultura senza parlare della sua fruizione, altrimenti è fine a se stessa».
Nel G7 quindi i ministri dovranno parlare non solo di tutela, ma di questo approccio «nuovo», direi olistico, all’arte come cultura.
«Sì, perché i vertici del nostro patrimonio agroalimentare,
paesaggistico, della moda o della meccanica, ormai si confrontano con le arti contemporanee. Quando vai al salone del mobile, a Milano, ti rendi conto che forse è il più grande evento culturale dell’Italia: innovazione, arte, industria».
Lei ha organizzato «Florens» a Firenze. C’è un germe di questo anche nella scelta di Firenze per ospitare il G7 della cultura?
«Qui sono nate tante cose. Ferragamo, già al successo negli Usa, ha cercato e scelto Firenze e le sue maestranze per diventare ancora più grande. Oltre 50 università straniere hanno scelto Firenze: occorre rivalutare la città, reinterpretarla, reinventarla. Il G7 sarà una grande opportunità per affermare una visione nuova. Florens? C’era Renzi sindaco, è stata una esperienza fantastica. Segni di una città che vuole assolutamente vivere e cavalcare il presente, non solo fare testimonianza di un fantastico passato».
Non si può parlare di cultura senza parlare della sua fruizione, sarebbe fine a se stessa